UGANDA. Il massacro degli acholi

Nena News Agency – 10/11/2016

E’ cominciato nel 1999, quando, per combattere Joseph Kony, leader dell’LRA, il governo di Museveni rinchiuse gli acholi nei ‘campi protetti’, pena le violenze fisiche o il bombardamento dei loro villaggi

uganda

di Federica Iezzi

Roma, 10 novembre 2016, Nena News – Resta ancora molto controverso il processo per crimini di guerra e crimini contro l’umanità alla Corte Penale Internazionale, dei leader ribelli ugandesi dell’Esercito di Resistenza del Signore (LRA), per il massacro del popolo acholi. Per vent’anni la macchina militare ugandese ha occupato e distrutto i terreni del nord Uganda, abitati dall’etnia acholi, ed ha continuato ad essere finanziata, senza alcuna interruzione e in modo misconosciuto, dalla politica estera degli Stati Uniti.

Il massacro degli acholi in Uganda inizia nel 1999, quando, per combattere Joseph Kony, leader dell’LRA, il governo ugandese di Museveni, rinchiuse gli acholi nei ‘campi protetti’, pena le violenze fisiche o il bombardamento dei loro villaggi.

Le truppe del presidente ugandese Yoweri Museveni hanno guidato quasi due milioni di acholi in veri e propri campi di concentramento, promettendo protezione da Kony e dall’LRA.

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2005, almeno 1.000 acholi morivano ogni settimana di violenze fisiche, fame e malattie debilitanti, all’interno dei campi che sono stati ufficialmente chiusi nel 2012 e gli acholi sopravvissuti tornarono alle loro terre devastate. La dittatura ugandese distrusse agricoltura, istruzione, relazioni di genere e vita familiare dell’intero popolo.

Secondo le stime in questo folle conflitto si sono contate oltre 500.000 vittime e 800.000 profughi nei distretti Gulu, Pader e Kitgum.

Tutti motivi sufficienti per il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, di accusare il presidente Yoweri Museveni, davanti alla Corte Penale Internazionale, per rispondere alle accuse di genocidio contro il popolo acholi.

Ad oggi, Museveni è un uomo libero. Da circa trent’anni presidente dell’Uganda. Da circa dieci, oltre i limiti temporali di presidenza. Secondo la costituzione ugandese il tempo massimo è fissato ai due mandati, per Museveni siamo al quinto mandato consecutivo.

Il prossimo gennaio, a L’Aja, Dominic Ongwen, uno dei principali leader ribelli ugandesi dell’LRA, sarà processato dalla Corte Penale Internazionale, per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, inclusi attacchi contro la popolazione civile, omicidio e tentato omicidio, torture, trattamenti crudeli e atti disumani,riduzione in schiavitù, oltraggi alla dignità personale, saccheggio e distruzione di proprietà, persecuzioni.

Dall’ottobre 2005, la Corte Penale Internazionale ha emesso mandati di cattura per cinque membri dell’LRA, accusati di crimini contro l’umanità.

A fine gennaio, all’ultimo vertice dell’Unione Africana ad Addis Abeba, i leader africani, Museveni compreso, avevano sostenuto un’iniziativa per il ritiro comune dallo Statuto di Roma, ritenuto un’arma occidentale non equilibrata.

Come sfondo l’Uganda ricorda il regime di Idi Amin Dada degli anni ’70 che uccise circa 100.000 persone dalle tribù acholi e lango e il regime del secondo mandato di Milton Obote, nei primi anni ’80, che uccise 500.000 civili dell’etnia baganda.

Quello che continua ad accadere in Uganda è paragonabile alle difficoltà che si vivono quotidianamente in Sud Sudan, in Repubblica Democratica del Congo, in Burundi, dove la comunità internazionale non prevede alcuna progettazione di risoluzione degli scontri armati. Nena News

Nena News Agency “UGANDA. Il massacro degli acholi” di Federica Iezzi

 

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SIRIA. Human Rights Watch: gruppi ribelli reclutano bambini

Nena News Agency – 26 giugno 2014

 

“Maybe we live and maybe we die” è l’ultimo report dell’organizzazione per i diritti umani. L’accusa è quella di assoldare minori di 14 anni nelle milizie che combattono per l’esercito governativo di Bashar al-Assad

 

Siria

 

di Federica Iezzi

Aleppo, 26 giugno 2014, Nena News – La pratica di arruolare al jihad bambini e ragazzi, di età inferiore ai 14 anni, di trascinarli in prima linea con le armi in spalla, era già stata documentata da Human Rights Watch già nel novembre 2012, in brigate affiliate all’Esercito Siriano Libero nelle città di Daraa e Homs. Ora nell’ultimo rapporto dell’organizzazione  a tutela dei diritti umani, pubblicato il 23 giugno, si documenta come i gruppi jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, l’Esercito Siriano Libero, il Fronte Jabhat al-Nusra, i gruppi armati di Yekîneyên Parastina Gel e le forze di polizia curde di Asayish,  reclutino sistematicamente ragazzi sopra i 15 anni, addestrandoli all’uso delle armi. Anche i bambini sotto i 14 anni vengono impiegati in ruoli di supporto, come tenere posti di blocco, spiare, occuparsi dei feriti o portare munizioni al fronte. Daraa, Aleppo, Damasco e il governatorato di Idlib sono le aree maggiormente coinvolte. I ragazzini sono soprattutto reclutati dai campi profughi nella provincia di Idlib e nelle aree di Hasakeh sotto il controllo curdo, e dai campi rifugiati fuori dal territorio siriano, in quello di Zaatari in Giordania, in Turchia, Libano e Kurdistan iracheno.

Il numero esatto di “bambini soldato” coinvolto nel conflitto siriano non è noto. Il Violations Documenting Center siriano, dal settembre 2011, ha dimostrato la morte di 194 bambini, arruolati nelle forze di opposizione al governo siriano.

La popolazione civile è la vera vittima del sangue versato in Siria. I siriani inermi sono gli unici a subire le peggiori violenze dall’esercito di Assad e dalle fazioni armate a lui avverse, che vanno dall’Esercito Siriano Libero, vicino al governo di transizione, a Jabhat al-Nusra, gruppo affiliato ad al-Qaeda, e all’ISIS, la formazione di animo jihadista oggi più spietata e meglio organizzata. I 25 ragazzini intervistati da HRW raccontano di essere entrati nei gruppi ribelli per seguire amici o parenti, dopo aver subito torture o detenzioni dal regime di Assad. Alcuni ricevendo addirittura un compenso mensile fino a 100 dollari e forniture alimentari, tra cui, olio, prodotti in scatola e cereali.

La mancanza della vita scolastica è una delle motivazioni per cui i ragazzini si avvicinano agli oppositori di Assad. Proposte letture e insegnamenti. I bambini ricevono in più, dai seguaci di Abu Bakr al-Baghdadi, lezioni sulla sharia’a, sulla cultura islamica e addestramento bellico, dalle tattiche militari all’uso delle armi. Dall’analisi dei più recenti dati dell’UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East), dell’UNDP (United Nations Development Programme) e del Syrian Centre for Policy Research, il 52% dei bambini in età scolare non può più frequentare le scuole, percentuale che in alcuni centri, come Al Raqqa e Aleppo raggiunge il 90%, in altri, come Damasco, sfiora il 70%. Alla fine del 2013, 4.000 scuole erano inagibili, distrutte, danneggiate gravemente o usate come rifugio per gli sfollati.

Secondo il II Protocollo Aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra e secondo lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, costringere ragazzi minori di 15 anni all’arruolamento è un crimine di guerra. Il governo siriano non ha mai ratificato il II Protocollo Aggiuntivo e mai aderito allo Statuto. Nel 2003 la Siria ha invece ratificato il Protocollo Opzionale, alla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, che all’articolo 4 proibisce il reclutamento alle armi per i ragazzi di età inferiore ai 18 anni.

Nel marzo 2014, il report della Commissione Internazionale Indipendente d’Inchiesta ONU sulla Siria parla di reclutamento di ragazzi di età inferiore ai 13 anni, anche da parte dell’esercito governativo siriano, usati nei checkpoint di Aleppo, Dara’a e Tartus. Nena News

 

Nena News Agency “SIRIA. Human Rights Watch: gruppi ribelli reclutano bambini” di Federica Iezzi

 

 

 

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