Il corpo straziato del Sudan

Il Manifesto – 06 maggio 2023

REPORTAGE – LA GUERRA DEI GENERALI. Terza settimana di duri combattimenti tra esercito e paramilitari, con i civili chiusi in casa, privi di accesso a cibo e acqua potabile. Chi può fugge con ‘un biglietto per ovunque’, ma per i profughi è una penosa odissea verso i Paesi confinanti. Reportage da Khartoum, dove si concentrano gli scontri armati più feroci. Una partita senza misericordia

Federica Iezzi, KHARTOUM

Entrare a Khartoum è come entrare in un incubo a occhi aperti. Gambe di piombo e polmoni che bruciano, in questo pezzo di terra dimenticato da Dio, in cui le famiglie sopravvivono con poco più di 3 dollari al giorno e le persiane di colori spaiati fanno vivere le strade di polvere.

LA MORTE SEGUE CHIUNQUE passo passo. Ogni sparo, ogni esplosione, ti riporta alla realtà. Giorno e notte, senza tregua. I corpi straziati e la facilità con cui le persone scivolano nella morte chiudono una partita senza misericordia. Il resto non esiste, il resto non conta, il resto non c’è.

Si è aperta la terza settimana di feroci combattimenti tra l’esercito sudanese (Sudanese Armed Forces, SAF) guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan, leader de facto del Paese e il gruppo paramilitare Rapid Support Forces, comandato dall’ex generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto “Hemeti”. Insieme, presero il potere con un colpo di stato nel 2021, ribaltando una fragile transizione al governo civile che era stata avviata dopo l’allontanamento, nel 2019, del sovrano Omar al-Bashir. Le tensioni sono sorte durante i negoziati per integrare le Rapid Support Forces nell’esercito governativo come parte del piano di ripristino del governo civile. Dunque, quale sarebbe stata la nuova gerarchia?

Attualmente i combattimenti sono concentrati nella capitale, Khartoum, ma si registrano scontri in tutto il Paese, incluse le città settentrionali di Merowe e Port Sudan, le città orientali di Kassala, Gadarif, Kosti e Damazin, le città del Darfur di El Fasher, Kabkabiya e Nyala.

IL BILANCIO DELLE VITTIME, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha tragicamente superato le 500 persone, tra cui 190 bambini, insieme a almeno 4.600 feriti e 330.000 sfollati interni riversati nelle aree di Wad Madani, Gadarif, Kassala e Port Sudan.

I bombardamenti in strada consumano il centro di Khartoum, nonostante la tregua sia stata ufficialmente prorogata di una settimana. Scontri armati particolarmente intensi continuano nelle aree intorno alle principali infrastrutture governative e militari nel centro della città. Duri gli scontri anche nelle zone commerciali settentrionali di Omdurman e Al-Khartoum Bahri.

Il Paese è entrato in uno stato di terrore permanente, gli attacchi aerei e gli scontri a fuoco colpiscono interi quartieri residenziali. Nella periferia sud di Khartoum manca l’elettricità da quattro giorni.

LA VIOLENZA NON RISPARMIA l’assistenza sanitaria che è a rischio di collasso a causa di una grave carenza di forniture mediche, acqua, carburante e elettricità. Il 60% delle strutture ospedaliere di Khartoum sono chiuse. La pressione sugli ospedali ancora parzialmente funzionanti è intensa. E la chiusura delle frontiere impedisce la consegna di forniture sanitarie. Oltre alla mancanza di accesso all’assistenza di emergenza, le malattie croniche diventano incurabili. E si apre anche lo scenario delle temibili epidemie di colera e febbre dengue.

Il deterioramento della situazione in Sudan arriva in un momento in cui circa 15,8 milioni di persone nel Paese – un terzo della popolazione – dipendono da aiuti umanitari. Era già evidente una grave carenza di personale medico – quattro medici ogni 10mila civili – e grandi differenze tra i servizi disponibili per gli abitanti delle città e i residenti nelle aree rurali.

Mentre il fumo nero dei bombardamenti sale sulla capitale, la maggior parte dei civili resta intrappolata nelle proprie abitazioni senza accesso a cibo, acqua potabile, medicine o carburante. Solo in pochi quartieri, quelli situati nella periferia nord della capitale, è rimasto aperto qualche mercato.

A MEZZOGIORNO, l’ora in cui l’intensità dei combattimenti sembra ridursi un po’, lunghe file per comprare il pane appaiono e scompaiono come fantasmi. E sembra un momento di pace e normalità in un mondo impazzito. Molti prodotti, come latte, uova, frutta e verdura, sono scomparsi dagli scaffali da settimane.

I combattimenti hanno spinto migliaia di civili a fuggire nei Paesi vicini, Repubblica Centrafricana, Ciad, Egitto, Etiopia, Libia e Sud Sudan, spesso tra comunità già vulnerabili. Finora i movimenti transfrontalieri più significativi sono stati verso Ciad e Sud Sudan. Almeno 52mila civili sudanesi sono entrati in Egitto dall’inizio del conflitto, 42mila in Ciad e 14mila in Sud Sudan, secondo i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati.

I VIAGGI SONO DISORDINATI e molto costosi. I biglietti degli autobus costano più di cinque volte rispetto al periodo precedente al conflitto. La gente compra ‘un biglietto per ovunque’. E nei posti di blocco i controlli sono irruenti e violenti. Membri armati appartenenti a entrambe le fazioni in lotta salgono sugli autobus e controllano ogni passeggero, bambini compresi.

La situazione ai valichi di frontiera rimane caotica. Decine di autobus che viaggiano in convogli di notte, tra veicoli bruciati e strade martoriate, rimangono bloccati per giorni. L’UNHCR esorta i Paesi confinanti con il Sudan di consentire un accesso «non discriminatorio» ai loro territori.

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What is happening in Sudan?

Mapping the fighting in Sudan via Planet Labs PBC

Khartoum, Sudan

Aprile 2023 – Gli scontri in Sudan sono scoppiati a metà aprile dopo settimane di tensione tra l’esercito sudanese, Sudanese Armed Forces (SAF), e il gruppo paramilitare, Rapid Support Forces (RSF). Insieme, presero il potere con un colpo di stato nel 2021. Le tensioni sono sorte durante i negoziati per integrare l’RSF nell’esercito governativo come parte del piano di ripristino del governo civile. Dunque, quale sarebbe stata la nuova gerarchia?
Le forze armate sudanesi sono guidate dal generale Abdel Fattah al-Burhan, governatore de facto del Paese, mentre i paramilitari delle RSF seguono l’ex generale Mohamed Hamdan Dagalo. Nell’ottobre 2021, al-Burhan e Dagalo orchestrarono un colpo di stato, ribaltando una fragile transizione al governo civile che era stata avviata dopo l’allontanamento, nel 2019, del sovrano Omar al-Bashir.

Attualmente i combattimenti sono concentrati nella capitale, Khartoum, ma si registrano scontri in tutto il Paese, incluse le città settentrionali di Merowe e Port Sudan, le città orientali di Kassala, Gadarif, Kosti e Damazin, le città del Darfur di El Fasher, Kabkabiya e Nyala.


Maggio 2023 – La violenza in Sudan continua a colpire l’assistenza sanitaria. I combattimenti hanno preso di mira i centri sanitari, il 60% delle strutture ospedaliere di Khartoum sono chiuse. Servizio sanitario a rischio di collasso a causa di una grave carenza di forniture mediche, acqua, carburante e elettricità.

Secondo i dati del Preliminary Committee of Sudan Doctors’ Trade Union, dei 130 ospedali pubblici e privati della capitale sudanese, solo il 16% è parzialmente funzionante e con una capacità molto limitata.

Il deterioramento della situazione in Sudan arriva in un momento in cui circa 15,8 milioni di persone nel Paese – un terzo della popolazione – dipendono da aiuti umanitari.

Decine di migliaia di civili sono fuggiti per cercare sicurezza in Repubblica Centrafricana, Chad, Egitto, Etiopia, Libia e Sud Sudan, spesso tra comunità già vulnerabili.

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DARFUR. Il fantasma di un conflitto mai finito

Nena News Agency – 30 gennaio 2015

Il 2015 segna una nuova fase del genocidio in atto in Sudan: l’attuale presidente del Sudan, Omar Hasan Ahmad al-Bashir e la sua nuova milizia janjaweed continuano a spargere sangue

Sudan refugees

di Federica Iezzi

Khartoum (Sudan), 30 gennaio 2015, Nena News – Le Forze Armate Sudanesi hanno ripreso il controllo delle zone di al-Qneziah e Oanagarto, nel sud Kordofan. Aree nelle mani del Movimento di Liberazione Popolare del Sudan-Nord dal 2011. Allontanato anche l’Esercito popolare di Liberazione del Sudan, fazione guidata da Minni Minnawi e Abdel Wahid El Nur, dalle regioni di Abu-Liha e Abu-Qamra, nel nord Darfur.

La guerra genocida che ha già causato la morte di circa 400.000 persone, e quasi tre milioni di sfollati, è testimone di una fase nuova e devastante, per il popolo del Darfur, del sud Kordofan e del Blue Nile. Dal 31 ottobre scorso, inizia l’ingresso delle forze sudanesi nella città di Tabit, nel nord Darfur. Dapprima il governo di al-Bashir, impedisce all’UNAMID (Missione di pace dell’ONU e dell’Unione Africana in Darfur), di accedere alla città. In seguito all’ingresso in Darfur dei peacekeeper, le forze di sicurezza sudanesi hanno compromesso l’integrità di ogni indagine.

Negli ultimi dieci anni, i movimenti ribelli armati sono stati paradossalmente l’unica tutela alla popolazione del Darfur, dopo i miseri fallimenti di protezione dell’UNAMID. Gli assalti di sanguinarie milizie nella regione occidentale del Sudan, sono ripresi nel febbraio 2014. I miliziani delle Rapid Support Forces, arruolati dal governo sudanese di Omar al-Bashir, come successe per i janjaweed nel conflitto del 2003, attaccano prevalentemente contadini e profughi, bruciando case e negozi, saccheggiando bestiame, uccidendo civili, derubando in decine di villaggi e danneggiando scuole, moschee, chiese e ospedali.

Dallo scorso mese, l’esercito sudanese sta lavorato direttamente, con offensive su larga scala, contro le postazioni dei ribelli in Darfur. Ricco di petrolio, oro e minerali, il Darfur ha sempre rappresentato una ricca risorsa per l’avido governo di al-Bashir. Fascicoli alla Corte Penale Internazionale con il nome del presidente sudanese, accusano il governo  di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio, in relazione alle crudeltà consumate in Darfur. Per ora tutte le inchieste sono state sospese. E ridurre il numero dei caschi blu presenti in Darfur, sembra essere la prossima mossa delle Nazioni Unite, in seguito alle pressioni esercitate da parte del governo del Sudan. Il tutto quando mancano poco più di quattro mesi alle nuove elezioni presidenziali.

Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari in Sudan, un notevole incremento di nuovi sfollati sta segnando il Darfur. Le statistiche di fine anno delle Nazioni Unite indicano circa 400.000 nuovi sfollati nella regione del Sudan dell’ovest, per un totale di 2,3 milioni di sfollati in tutto il paese e 6,9 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria. Negli ultimi cinque mesi è aumentato il numero complessivo di bombardamenti aerei da parte delle forze governative del Sudan, con il risultato di 3.324 villaggi distrutti in Darfur.

Intanto continuano gli scontri tra forze sudanesi e movimenti armati ribelli nei villaggi dell’area di Um Baru e nell’area di Jebel Marra, nel Darfur settentrionale; nei villaggi delle Nuba mountain del Kordofan meridionale. Il numero di sfollati cresce nel campo di Nierteti, zona del Darfur centrale. Nelle ultime settimane 115 villaggi evacuati, perchè rasi al suolo, nella zona.

I rifugiati rimangono intrappolati, ancora totalmente dipendenti dagli aiuti internazionali per la loro sopravvivenza, dove mancano tuttora corridoi umanitari. Nena News

Nena News Agency “DARFUR. Il fantasma di un conflitto mai finito” – di Federica Iezzi

 

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