I profughi dimenticati della Repubblica Centrafricana

Nena News Agency – 24/11/2016

A causa di scontri tra la maggioranza musulmana Séléka e le milizie anti-Balaka, per lo più cristiani, il Paese è immerso in un conflitto civile dal 2012

CAR refugees in Cameroon

di Federica Iezzi

Roma, 24 novembre 2016, Nena News – Secondo gli ultimi dati dell’UNICEF, l’agenzia dell’ONU per l’infanzia, più di 380.000 civili sono ancora profughi interni in Repubblica Centrafricana e 468.000 sono rifugiati nei Paesi limitrofi, quali Camerun, Ciad e Repubblica Democratica del Congo. Secondo il comunicato, l’insicurezza secondaria al conflitto ha impedito alla maggior parte dei 920.000 sfollati di rientrare nelle proprie case.

A causa di scontri tra la maggioranza musulmana Séléka e le milizie anti-Balaka, per lo più cristiani, il Paese è immerso in un conflitto civile dal 2012.

Le violenze e gli spostamenti obbligatori hanno reso i bambini particolarmente vulnerabili a sfruttamento, abusi e maltrattamenti. Più di un terzo della popolazione pediatrica ha lasciato la scuola e almeno il 40% dei bambini sotto i cinque anni soffre di malnutrizione cronica. Si stima che almeno 6.000 ragazzini sono stati reclutati in gruppi armati dal 2013.

Dopo le elezioni del 2016, con il voto al secondo turno, Faustin-Archange Touadéra è stato scelto per guidare la Repubblica Centrafricana e si è iniziato subito a parlare di una curva di sviluppo crescente. La realtà è ben diversa: un gran numero di persone è ancora prigioniera di violenza e paura, non ha accesso ai servizi di base, quali alloggio, cibo, acqua potabile, assistenza sanitaria e protezione.

Nella capitale Bangui, alle elezioni sono seguiti: omicidi mirati, proteste contro il mantenimento della pace da parte del mandato MINUSCA delle Nazioni Unite e scontri tra le milizie. Tutt’oggi a nord e ad est del Paese, sono ripresi i duri combattimenti tra il gruppo Séléka e gli anti-Balaka, con conseguenze drammatiche per la città di Kaga Bandoro e le zone circostanti l’area di Bambari, subprefettura di Ouaka.

Le aree settentrionali e orientali del Paese sono saldamente sotto la gestione di fazioni Séléka, che governano raccogliendo tasse e sfruttando le risorse. Decine sono state le vittime e migliaia i nuovi sfollati ancora in attesa di assistenza umanitaria.

La ridistribuzione delle FACA (Forces Armées CentrAfricaines) è vista da molti come forte opzione alternativa all’azione di contrasto con i gruppi armati. Nel corso degli ultimi mesi, crescenti tensioni e scontri localizzati sul territorio hanno segnato le ambizioni delle fazioni Séléka.

Queste divisioni potrebbero portare i combattenti Séléka al tentativo di cercare sostegno e rilanciare offensive esterne. In alternativa potrebbero rappresentare un’opportunità per il governo ad aprire negoziati con alcuni fazioni.

Alla fine dello scorso ottobre, anche la Francia ha chiuso le sue operazioni militari sulla Repubblica Centrafricana ritirando i suoi 2000 uomini. L’operazione francese Sangaris, iniziata nel dicembre del 2013, è stata impiegata nei combattimenti degli insorti e nel mantenimento della pace.

Invece il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso di estendere il mandato MINUSCA fino al novembre 2017. Nena News

Nena News Agency “I profughi dimenticati della Repubblica Centrafricana” di Federica Iezzi

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Repubblica Centrafricana dimenticata

Nena News Agency – 30 aprile 2014

La guerra di religione è esplosa quando i Séléka, ribelli musulmani, a marzo dello scorso anno, hanno rovesciato il governo di François Bozizé e insediato Michel Djotodia, primo presidente musulmano a guidare il Paese, a maggioranza cristiana

bangui

di Federica Iezzi

Roma, 30 aprile 2014, Nena News  – E’ un piccolo paese dell’Africa centro-occidentale, la Repubblica Centrafricana. Nell’ex colonia francese da oltre un anno imperversa una guerra tra milizie islamiche e milizie cristiane. Si contano migliaia di persone mutilate a colpi di machete, ad opera di uomini che usano violenza per sopravvivere. Sconvolte le vite di civili che ancora oggi portano sui loro corpi segni di violenza e di barbarie.

La guerra di religione è esplosa quando i Séléka, ribelli musulmani, a marzo dello scorso anno, hanno rovesciato il governo di François Bozizé e insediato Michel Djotodia, primo presidente musulmano a guidare il Paese, a maggioranza cristiana.

Le milizie di Djotodia hanno via via incrementato le proprie fila con la presenza di soldati jihadisti di Ciad e Sudan. I combattenti islamici dopo aver assunto il controllo del territorio centrafricano hanno irrobustito vigorosamente i numeri di violenze e saccheggi indiscriminati. Loro bersagli principali: civili di religione cristiana e strutture come chiese e ospedali. Hanno dato alle fiamme centinaia di villaggi, torturando, stuprando le donne e uccidendo gli uomini della popolazione a maggioranza cristiana.

Si schierano così contro i Séléka le truppe anti-balaka, a maggioranza cristiana. Si tratta di gruppi esistenti, a livello locale, dal 2009, organizzati per difendere i civili da aggressioni e soprusi. Il risultato di tanta brutalità è una spirale infinita di rappresaglie, mutilazioni, genocidi e pulizie etniche.

All’inizio dell’anno il parlamento della Repubblica Centrafricana ha nominato presidente ad interim Catherine Samba-Panza.

Lo scorso dicembre l’ONU ha dato mandato alla Francia per un intervento militare, destinato a ristabilire l’ordine nel Paese. 1600 soldati francesi, a sostegno della Mission internationale de soutien à la Centrafrique sous conduite africaine (MISCA), formata da 3.600 soldati, indirizzata a salire a 6000. L’ultima missione di stabilizzazione, denominata MINUSCA, autorizza il dispiegamento di 10.000 soldati e 1.800 agenti di polizia, a partire dal prossimo settembre, che subentreranno alle unità militari del MISCA. Obiettivi: la protezione dei civili e l’allestimento di corridoi umanitari, in modo sicuro e senza ostacoli.

La Repubblica Centrafricana fin dalla sua indipendenza nel 1960 ha vissuto fasi politiche tormentate, tra regimi totalitari e colpi di stato. Le prime elezioni politiche in cui Ange-Félix Patassé diviene presidente sono datate 1993. Da allora instabilità, fino al colpo di stato, 10 anni dopo,  in cui il generale François Bozizé prende il controllo del governo. Bozizé rimane il capo indiscusso del Paese fino alla comparsa dei soldati mercenari Séléka.

Oggi le milizie cristiane hanno il controllo di tutte le principali strade del Paese. A rischio la minoranza musulmana della popolazione centrafricana, per l’ondata inarrestabile di omicidi, maltrattamenti e abusi, che sta costringendo intere comunità a lasciare il paese.

Centinaia e centinaia i morti. Solo nell’ultima settimana 600. Sono circa 750 mila gli sfollati interni, 250 mila rifugiati nei paesi confinanti, su una popolazione che non supera i quattro milioni.

Non si arresta l’arrivo nella Repubblica Democratica del Congo (nelle località di Zongo, Libenge e Gbadolite), nel Camerun (a nord nelle località di Mbaimboum e Touboro e nella regione orientale di Lolo) e nel Ciad (nei pressi della località di Bozoum) dei centrafricani in fuga dal quartiere fantasma PK12 (Point Kilométrique 12).

La Repubblica Centrafricana è scivolata prima nel caos, poi nella pulizia etnica dei musulmani. Il genocidio è stato solo schivato, obbligando i civili di fede islamica a fuggire in massa, per mettersi in salvo oltre i confini del Paese.

A Bangui piove senza tregua per giorni. La sera c’è un serrato coprifuoco. Le amministrazioni non funzionano più, banche e stazioni di rifornimento aprono solo un paio d’ore di mattina presto, le scuole sono chiuse. Nelle panchine seminate sulle strade e vicino le università non siedono più studenti che aspettano gli autobus ma giovani soldati che imbracciano kalashnikov. Nena News

 

Nena News Agency “Repubblica Centrafricana dimenticata” – di Federica Iezzi

 

 

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