YEMEN. Sette giorni in sette foto: il dramma della fame

Nena News Agency – 03/06/2017

Per una settimana vi proporremo ogni giorno una foto scattata dalla nostra collaboratrice Federica Iezzi a Sana’a. Sette foto per raccontare la vita quotidiana in un paese martoriato dalla guerra

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di Federica Iezzi

Sana’a (Yemen), 3 giugno 2017, Nena News – Anche prima della guerra, lo Yemen mostrava i tassi più alti di malnutrizione nella penisola araba. Il diretto effetto della guerra in corso, è l’incapacità di garantire i bisogni alimentari primari.

Secondo i dati diffusi dall’UNICEF i 22 governatori dello Yemen sono sull’orlo della carestia. Il prezzo del cibo è aumentato del 55% e il PIL è diminuito di quasi il 33%. Il numero di estremamente poveri e vulnerabili è notevolmente elevato: circa l’80% delle famiglie è in debito e metà della popolazione vive con meno di due dollari al giorno.

L’insicurezza alimentare è aumentata significativamente negli ultimi due anni. Sette su 22 governatorati sono in piena emergenza: Taiz, Abyan, Sa’ada, Hajjah, al-Hudaydah, Lahj e Shabwah.

Circa la metà dei bambini dell’intero paese è affetta da malnutrizione cronica. Almeno 370mila bambini soffrono dei segni acuti della malnutrizione. Un milione di bambini di età inferiore a cinque anni, di cui più di 100mila nella sola città di al-Hudaydah, è a rischio di malnutrizione acuta. Sebbene continui a rimanere un problema invisibile, attualmente nove milioni di bambini hanno bisogno di una qualche forma di assistenza nutrizionale.

A causa dei bombardamenti arbitrari circa 142 centri per lo specifico trattamento della malnutrizione non sono più operativi. I meccanismi di adattamento sono stati seriamente erosi dalla violenza, che ha trasformato lo Yemen in una delle più grandi emergenze del mondo in termini di sicurezza alimentare. Nena News

Nena News Agency “YEMEN. Sette giorni in sette foto: il dramma della fame” di Federica Iezzi

Radio Città Aperta 02/06/2017

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UNICEF. Un milione e mezzo di bambini rischiano la morte da malnutrizione

Nena News Agency – 22/04/2017

Somalia, Nigeria, Sud Sudan e Yemen soffrono gravissime carestie, dovute alla guerra ma con origini diverse: territori occupati da gruppi jihadisti, conflitti, errori della comunità internazionale, siccità, blocchi aerei

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di Federica Iezzi

Roma, 22 aprile 2017, Nena News – I bambini. Sono sempre loro a pagare le conseguenze peggiori di guerre, carestie e disastri naturali in varie aree del mondo. In TV li vediamo spaventati, con gli occhi incavati e persi nel vuoto, spesso soli. Eppure il cosiddetto mondo sviluppato volge lo sguardo dall’altra parte e preferisce non sapere che più di un milione di neonati e bimbi rischiano realmente di morire di fame.

L’allarme arriva diretto dall’UNICEF. Almeno un milione e mezzo di bambini tra Somalia, Nigeria, Sud Sudan e Yemen, risultano a rischio di morte imminente da malnutrizione. E più di 20 milioni di persone si troveranno ad affrontare la fame nei prossimi sei mesi.

La grave catastrofe provocata da malnutrizione e carestia, che oggi stringe questi paesi, risulta in gran parte provocata dagli scorretti atteggiamenti umani. Un’azione più veloce è prerogativa irrinunciabile per non permettere che si ripeta la tragica carestia che colpì il Corno d’Africa nel 2011 e che solo in Somalia uccise 250mila persone.

Nello Yemen, dove la guerra ha imperversato per più di due anni, 462mila bambini soffrono di malnutrizione. Non ancora dichiarato lo stato di carestia, lo Yemen fa i conti con 27 milioni di persone nel limbo dell’insicurezza alimentare. Tre milioni di persone soffrono di malnutrizione acuta, di cui più di due milioni sono bambini.

Il destino per altri 500mila bambini è ancora peggiore: malnutrizione acuta grave. Secondo l’Unicef si è assistito ad un aumento del 200% rispetto al 2014. Anche prima del conflitto interno, lo Yemen era costretto a fronteggiare la difficoltà della fame cronica. Ma era un problema, per la maggior parte, gestibile, visto che le agenzie umanitarie riuscivano a muoversi per il paese con relativa facilità.

L’economia è ora in piena caduta libera, con l’80% delle famiglie in debito. Il costo del cibo è elevato visto che i ritardi e le cancellazioni di voli commerciali e viaggi con navi mercantili sono all’ordine del giorno.

Almeno 450mila bambini sono gravemente malnutriti nel nord-est della Nigeria, territorio minato dei jihadisti di Boko Haram, che non permettono ancora l’ingresso di convogli umanitari. La crisi nigeriana è una crisi sia di finanziamento che di accesso. L’emergenza è stata lenta a rivelare la sua vera dimensione. Boko Haram aveva il controllo di gran parte del nord-est fino al 2014 e poco si sapeva dei bisogni dei civili intrappolati in quelle zone. E le zone rurali ancora oggi rimangono inaccessibili. Inoltre rimane il problema dell’insicurezza alimentare dei 1,8 milioni di sfollati interni nei tre stati del nord-est di Adamawa, Borno e Yobe.

La siccità in Somalia ha lasciato 185mila bambini sull’orlo della fame, cifra destinata a salire fatalmente. Anche qui, si osservano reazioni al rallentatore da parte della Comunità Internazionale. Vaste aree del Paese in cui la crisi alimentare tocca livelli preoccupanti e dove i guerriglieri di al-Shabab sono l’autorità de facto, sono classificate come ‘no-go zone’ per quasi tutte le agenzie umanitarie, a cui viene negato il permesso di accesso e di lavoro.

In Sud Sudan oltre 270mila bambini sono malnutriti. Già invocato da ONU e governo locale lo stato di carestia in alcune zone a nord del paese, in cui vivono più di 20mila bambini. Il paese è un mosaico sconcertante di gruppi armati, tra le fazioni ribelli, l’esercito e le milizie governative. E tutte le parti sembra si siano impegnate in uccisioni di massa a sfondo etnico. E le uniche scelte in mano alle agenzie umanitarie sono state le misure straordinarie negli interventi, spesso senza un programma concreto alle spalle.

Attualmente le aree a rischio di fame potrebbero avere una possibilità di scongiurare una catastrofe, se l’accesso umanitario rimanesse protetto e rispettato, secondo una dichiarazione dell’UNOCHA.

Sono già in programma visite da parte degli ambasciatori del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel nord della Nigeria, in Camerun, Ciad e Niger, con il fine comune di evitare il ripetersi di una delle più gravi carestie di sempre, che colpì l’Etiopia nei primi anni ‘80. Dopo anni di siccità consecutivi, la dittatura militare di Mengistu, ha visto morire di stenti più di un milione di civili.

E in quegli anni l’attenzione della comunità internazionale si concentrò sull’impedire spedizioni di aiuti umanitari nelle aree controllate dai ribelli, che condusse definitivamente l’Etiopia al baratro.

Più di tre decenni più tardi, il rischio per Somalia, Nigeria, Sud Sudan e Yemen è il medesimo. Da cosa è sorretto il rischio? La risposta più semplice è il conflitto, che accomuna le storie dei quattro Paesi. Queste quattro carestie hanno somiglianze ma origini diverse. Diverse traiettorie. E le esigenze di conseguenza sono differenti.

Evitare una catastrofe umanitaria è solo una parte della battaglia. Ideare una strategia di risposta corretta e assicurare l’accesso necessario in zone dove la guerra entra complessa e frammentaria sono la vera sfida.

L’assistenza di emergenza aiuta solo se le persone che possono accedervi. Molto maggiore dovrebbe essere l’accento sulle contrattazioni diplomatiche nell’impegno della risoluzione dei conflitti, alcuni dei quali trascinati per anni, e per i quali qualsiasi metodo di assistenza umanitaria non risulta altro che un palliativo. Nena News

Nena News Agency “UNICEF. Un milione e mezzo di bambini rischiano la morte da malnutrizione” di Federica Iezzi

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SOMALIA. Terza carestia in 25 anni

Nena News Agency – 14/03/2017

Secondo l’ONU, oltre sei milioni di persone hanno bisogno di assistenza alimentare, più di 360.000 bambini sono affetti da malnutrizione acuta. Secondo alcune stime, la siccità è peggiore dell’ultima del 2011 che uccise 250mila somali. A inizio mese, in meno di 48 ore, sono morte 110 persone per carenza di cibo e malattie nella regione di Baay

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di Federica Iezzi

Mogadiscio (Somalia), 14 marzo 2017, Nena News – Bambini dagli occhi scuri e spaventati, tende senza acqua e elettricità, non un pasto adeguato per settimane. Sono un quadro comune in Somalia. Secondo le stime delle Nazioni Unite oltre sei milioni di persone hanno bisogno di assistenza alimentare e questo significa più della metà della popolazione dell’intero Paese. Di questi, più di 363mila bambini sono affetti da malnutrizione acuta e 270mila rischiano di entrare nel tunnel della malnutrizione nell’arco di quest’anno, secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

I tre anni di siccità soprattutto nel nord del Paese, la conseguente carestia e la presenza incombente del gruppo estremista islamico al-Shabaab, hanno lasciato la Somalia e la sua gente in una situazione disperata, in una miseria dilagante. La comunità internazionale assiste alla terza carestia in Somalia in 25 anni. L’ultima, nel 2011, ha contato circa 260.000 vittime, la metà delle quali erano bambini sotto l’età di cinque anni. Secondo Save the Children la risposta della Comunità Internazionale alla minaccia della carestia in Somalia, sta ripercorrendo i gravi errori dell’ultima crisi.

Anche all’interno dei campi rifugiati, l’insicurezza alimentare è a livelli preoccupanti. Il campo rifugiati di Baidoa, a nordovest di Mogadiscio, oltre ad essere già il riparo di migliaia di sfollati interni, risultato di anni di conflitti civili, continua ad accogliere rifugiati che rientrano dal campo di Dadaab, in Kenya nord-orientale.

L’UNICEF, con il supporto dell’European Civil protection and Humanitarian aid Operation (ECHO), ha istituito centri di nutrizione nei campi rifugiati, che finora hanno permesso un tasso di recupero del 92,4% per i 42.526 bambini gravemente malnutriti in tutta la Somalia. Il programma ha mostrato grandi progressi a partire dal 2013, fornendo assistenza a migliaia di bambini malnutriti e donne in gravidanza o in allattamento.

Secondo i dati dell’UNICEF, un milione e mezzo di bambini tra Somalia, Nigeria, Sud Sudan e Yemen, risultano a rischio di morte imminente da malnutrizione. E più di 20 milioni di persone si troveranno ad affrontare la fame nei prossimi sei mesi. La siccità, che continua ad essere una piaga in Somalia, è secondo le stime peggiore dell’ultima del 2011 che uccise 250.000 persone.

A partire dallo scorso novembre, più di 135.000 persone sono state costrette a spostarsi all’interno della Somalia a causa della siccità. Nelle zone più colpite, piogge insufficienti e conseguente mancanza di acqua hanno spazzato via i raccolti. La produzione vegetale risulta drasticamente ridotta anche in zone precedentemente stabili e fertili. Il bestiame è decimato e le comunità sono costrette a vendere i loro beni e prendere in prestito cibo e denaro per sopravvivere.

In aggiunta a siccità e carestia, le malattie come il colera e il morbillo iniziano a macchiare la popolazione soprattutto pediatrica. All’inizio del mese, il primo ministro somalo Ali Hassan Khaire ha annunciato il decesso di almeno 110 persone in meno di 48 ore, per carenza di cibo e malattie, legate al fenomeno della siccità, nel sud-ovest della regione di Baay, nella Somalia meridionale. Quasi 8.000 persone sono state colpite da colera e ad oggi più di 180 sono morte. E l’OMS riporta che circa cinque milioni di persone sono a rischio di colera.

I primi progressi sul problema sono stati fatti nel 2015, quando è stato tagliato il traguardo del dimezzamento della fame nel mondo. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) riferisce che oltre 100 milioni di persone non soffrono più di disturbi legati alla malnutrizione, a partire dagli ultimi dieci anni. Testimonianza di quanto una maggiore cooperazione e il coordinamento tra governi, società civile, ricercatori, settore privato e agricoltori siano in grado di fornire soluzioni concrete per l’insicurezza alimentare. Nena News

Nena News Agency “SOMALIA. Terza carestia in 25 anni” di Federica Iezzi

Radio Città Aperta “Somalia, la guerra dimenticata e le nostre responsabilità”

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