FOTO. Il PCRF cura i cuori dei bambini di Gaza

Nena News Agency – 07/03/2016

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di Federica Iezzi

Khan Younis (Striscia di Gaza), 7 marzo 2016, Nena News – Da pochi giorni conclusa la diciassettesima missione di cardiochirurgia pediatrica sulla Striscia di Gaza. Altri nove piccoli pazienti sono stati sottoposti a delicati interventi al cuore, grazie al lavoro del team guidato dal dr Stefano Luisi, responsabile del Palestine Children’s Relief Fund (PCRF) – Italy Chapter, presso l’European Gaza Hospital, di Khan Younis, a sud della Striscia di Gaza.

Hanno partecipato alla missione: Stefano Luisi e Federica Iezzi (cardiochirurghi), Pierantonio Furfori, Carmelo Vullo, Cristiana Carollo e Tatiana Chicu (anestesisti), Vittoria De Lucia (cardiologa), Federica Raffin (perfusionista), Angela Prendin (infermiera), Martina Luisi (coordinatrice del PCRF Italia) e Angelo Stefanini (consulente per il PCRF Italia in materia di Primary Health Care).

Nelle 17 missioni di cardiochirurgia pediatrica, realizzate sulla Striscia di Gaza a partire dal 2013, di cui dieci tutte italiane, sono stati operati più di 150 bambini. Almeno 90 i bimbi operati durante le missioni italiane, a cui si aggiungono i piccoli sottoposti a procedure chirurgiche con i team australiano, inglese, americano, francese e belga.

Lavorando a stretto contatto con il team palestinese, i medici italiani continuano a portare avanti il piano di formazione sanitaria di giovani medici e infermieri palestinesi. Con estrema difficoltà, per le sempre più scarse e brevi occasioni di apertura del valico di Rafah, al confine con l’Egitto, unica via di uscita per i gazawi, conclusi già periodi di formazione in Italia per due di loro.

Grazie al progetto biennale “Cooperazione sanitaria pediatrica per l’emergenza a Gaza”, sostenuto dalla regione Toscana, verranno per la prima volta incrementate anche le iniziative del Primary Health Care, all’interno dei diversi distretti della Striscia. Il progetto in passato è stato fondamentale per il sostegno dei lavori di ristrutturazione e riabilitazione dell’European Gaza Hospital di Khan Younis, colpito duramente da Margine Protettivo, l’ultima offensiva militare israeliana.

Nena News Agency “FOTO. Il PCRF cura i cuori dei bambini di Gaza” – di Federica Iezzi

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GAZA, tra le macerie della sanità

Nena News Agency – 25 maggio 2015

Strutture demolite o inagibili, mancanza di posti letto, di elettricità, di farmaci e di attrezzature mediche: trascorso quasi un anno dalla fine della guerra, la situazione degli ospedali nella Striscia resta drammatica 

Ematology department in al-Durrah hospital - Gaza City

di Federica Iezzi

Khan Younis (Striscia di Gaza), 25 maggio 2015, Nena News – Secondo gli ultimi dati dell’ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umani, nella Striscia di Gaza 17 dei 32 ospedali e 50 dei 97 centri sanitari di base sono stati danneggiati durante l’operazione Margine Protettivo, l’ultima offensiva militare israeliana. Sei ospedali sono stati costretti a chiudere, nel corso del conflitto, e quattro centri sanitari di base sono stati completamente distrutti.

Ne è un esempio il Mohammed al-Durrah children’s hospital, il solo ospedale della Striscia di Gaza che fornisce assistenza sanitaria ai bambini, nella zona est di Gaza City, che conta almeno 300.000 abitanti. Riaperto al pubblico alla fine dello scorso gennaio, fatica ancora a rientrare nella quotidianità. Secondo le statistiche del ministero palestinese della Salute, rispetto ai primi sei mesi del 2014, in cui sono stati visitati 3.453 bambini, circa 500 al mese, dall’inizio del 2015 i piccoli pazienti visitati negli ambulatori dell’ospedale sono stati 1.789.

Oggi l’al-Durrah hospital conta circa un centinaio di posti letto. E’ diventato il nucleo coordinatore di tutti i centri di cure primarie pediatriche sulla Striscia. Sono di nuovo attivi gli ambulatori di neurologia, di endocrinologia, di malattie infettive, di nefrologia, di ematologia e della clinica gastrointestinale. Ancora ferme invece le sale operatorie, per mancanza di macchinari ed elettricità.

Il servizio di dialisi pediatrico è totalmente affidato all’Abdel al-Rantisi hospital, a Gaza City. A causa dell’instabile fornitura di energia elettrica, le tre macchine per dialisi non hanno un costante funzionamento.

I mesi successivi alla guerra hanno visto ulteriori difficoltà. Personale ospedaliero non pagato ormai da più di 18 mesi. Distribuita acqua corrente per 6-8 ore al giorno. Erogato solo il 46% di elettricità richiesta per il funzionamento di respiratori automatici, monitor e macchinari. La carenza di carburante frena l’utilizzo dei generatori elettrici. Per insufficienti forniture di carburante, ridotti anche i servizi in ambulanza.

Nell’Abu Youssef al-Najjar hospital a Rafah, a sud della Striscia di Gaza, attualmente i dipartimenti funzionanti sono quelli di medicina generale e pediatria. Ripresa quasi a pieno ritmo l’attività del centro dialisi, che garantisce il servizio nell’intera zona sud della Striscia.

Il personale sanitario gestisce nelle sole due sale operatorie interventi di ortopedia, chirurgia generale e chirurgia pediatrica, senza una terapia intensiva. In lista otto interventi di elezione ogni giorno più 1-2 eventuali interventi d’urgenza.

Inizialmente creato per essere solo un centro per le cure primarie, grazie ai risultati della campagna “Rafah needs a hospital”, il governo palestinese stanzierà 24 milioni di dollari e quattro ettari di terreno, per l’adeguamento dell’ospedale all’assistenza delle almeno 230.000 persone, residenti nell’area di oltre 4.000 metri quadrati. L’obiettivo è quello di far arrivare l’al-Najjar hospital a 230 posti letto. Attualmente vengono occupati 101 posti letto, distribuiti in medicina generale, pediatria, servizio dialisi, pronto soccorso e day hospital, di cui appena 60 quotidianamente funzionanti.

A Rafah in seguito all’attacco israeliano del primo agosto scorso persero la vita 112 persone e nei due giorni successivi ne morirono altre 120. Durante l’operazione Margine Protettivo, nella sola Rafah, hanno perso la vita 454 persone, di cui 128 bambini. 1052 furono i feriti. Molti dei quali ricevettero un blando antidolorifico e non furono ammessi in ospedale per mancanza di spazio.

Attualmente solo due ospedali forniscono servizi medici alla popolazione del distretto sud della Striscia di Gaza, l’Abu Youseff al-Najjar hospital e l’European Gaza Hospital di Khan Younis. Mentre le cure nel primo sono limitate dalla mancanza di attrezzature e materiali medico-chirurgici, le cure nel secondo sono di difficile accesso, soprattutto durante le guerre, a causa della posizione vicino ai confini nordorientali con Israele.

In collaborazione con il ministero della Salute palestinese, il Comitato Internazionale della Croce Rossa, ha finora completato la ristrutturazione nell’al-Durrah hospital e nell’ospedale di Beit Hanoun. Inoltre, ha finanziato la fornitura di attrezzature mediche e chirurgiche a nove ospedali pubblici. E ha partecipato ai lavori di ricostruzione nelle sale operatorie dell’European Gaza Hospital e nel Shuhada al-Aqsa Martyrs hospital, di Deir al-Balah.

Completamente demolito l’el-Wafa rehabilitation hospital, nel quartiere di Shujaiyya, a est di Gaza City, da un’ostinata serie di pesanti attacchi aerei, durante Margine Protettivo. Oggi l’ospedale utilizza ancora una sede temporanea nell’area di al-Zahara, alla periferia di Gaza City. Locazione condivisa con l’el-Wafa elderly care center.

Attualmente la disponibilità di posti letto è scesa da 145 a 40. Sono di nuovo funzionanti i servizi di fisioterapia e lungodegenza. Soppressi almeno 19 servizi clinici. Dallo scorso settembre ripreso il servizio domiciliare di fisioterapia, ai circa 6000 pazienti disabili e feriti gravemente dal conflitto. All’aria 13,5 milioni di dollari tra edificio, attrezzature e strumenti medicali totalmente distrutti. Dalla fine del conflitto sono stati ricevuti dall’ospedale solo la metà tra dotazioni e macchinari persi, grazie a donazioni internazionali.

In tutti gli ospedali della Striscia, si convive ancora con una grossa carenza di materiale medico e chirurgico. L’assedio israeliano non permette l’ingresso di farmaci per terapie croniche, gas medicali, strumentazione sanitaria e pezzi di ricambio per equipaggiamenti danneggiati.

Secondo il Central Drug Store di Gaza, farmaci essenziali e materiali monouso hanno raggiunto il ‘livello zero’ di magazzino, cioè le quantità presenti nel magazzino centrale non sono sufficienti a coprire i bisogni di un mese.

L’incremento dei casi di cancro è stato drammatico nella Striscia di Gaza. I dati del ministero della Salute palestinese parlano di 73 casi su 100.000 abitanti. La principale causa sarebbe ancora una volta il fosforo bianco, usato dall’esercito di Tel Aviv già durante l’operazione Piombo Fuso nel 2008. Nel dipartimento dei tumori dell’al-Shifa hospital, a Gaza City, non si riescono più a fronteggiare i trattamenti anti-tumorali, a causa della mancanza di attrezzature e medicinali.

Ogni mese solo il 10%, dei 1500 gazawi che chiedono il permesso di ingresso in Cisgiordania, Israele e Egitto per cure mediche, riceve un appropriato trattamento anti-tumorale. Nena News

Nena News Agency “GAZA, tra le macerie della sanità” di Federica Iezzi

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REPORTAGE. Gaza, gli ospedali sei mesi dopo Margine Protettivo

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Nena News Agency – 12 febbraio 2015

L’offensiva militare israeliana ha lasciato la maggior parte degli ospedali in uno stato di emergenza giornaliera.  Un percorso tra storie e bisogni

Gaza City (Gaza Strip) - Al-Quds hospital

Gaza City (Gaza Strip) – Al-Quds hospital

di Federica Iezzi

Gaza City, 12 febbraio 2015, Nena News – “Dove va?” “Gaza”. E da allora si entra in una spirale infinita di controlli, domande, interrogatori, ispezioni, visite in uffici reconditi degli aereoporti, colloqui poco graditi con la polizia di frontiera. Come un pacco postale vieni spedito a destra e sinistra, sopra e sotto scale mobili e ascensori, dentro e fuori stanze e terminal, fino a che non riesci quasi accidentalmente ad uscire da un assurdo turbine di esaltazione e follia. E’ così che ha inizio il nostro viaggio negli ospedali massacrati da Margine Protettivo, l’ultima offensiva israeliana contro la Striscia di Gaza.

All’inizio di luglio colpito dall’esercito israeliano, con azioni indirette, l’European Gaza hospital di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza. Evacuati terapia intensiva e reparto di pediatria.

A Khan Younis colpito anche l’al-Nasser hospital il 24 luglio. Danni un po’ più lievi

Il turnover di pazienti è continuo. Visibile la condizione di precarietà e deficienza sanitaria in cui è costretto a lavorare il personale medico. Mancano medicine e pezzi di ricambio per le apparecchiature. E l’elettricità è interrotta per più di 8 ore al giorno. Da Margine Protettivo non sono stati risparmiati gli ospedali del quartiere di Tal el-Hawa, a ovest di Gaza City. La  distruzione risale all’operazione Piombo Fuso del 2008-2009 e continua con Pilastro di Difesa nel 2012. Dichiarato dalle autorità israeliane territorio nemico, ostile, perchè controllato dal movimento islamico Hamas. L’invito a lasciare il quartiere, iniziava con un missile non esplosivo, sparato da un drone sul tetto dell’edificio, che doveva essere bombardato dalle forze aeree israeliane. Nessuno sapeva quanto tempo dopo. E così il 17 luglio sotto le bombe viene moderatamente danneggiato, rimanendo aperto, l’al-Quds hospital.

Bombardate dalla marina israeliana anche la farmacia e il laboratorio analisi della clinica Khalil al-Wazer, nel sobborgo di Sheikh Ajleen, sul lungomare di Gaza City. Oggi terreno per le scavatrici che continuano il lavoro di rimozione delle macerie. Sempre a Gaza City, vicino il quartiere cristiano, danneggiati pronto soccorso e sale operatorie e distrutti i sistemi di ventilazione meccanica dell’al-Ahli Arab hospital.

L’al-Wafa rehabilitation center, a Gaza City, ricovero per anziani e disabili del quartiere di Shujaiyya, è stato colpito duramente da raid aerei israeliani il 17 luglio. Totalmente raso al suolo da un attacco il 23 luglio. Già danneggiato un paio di settimane prima da droni israeliani, con la giustificazione che militanti palestinesi avrebbero usato l’ospedale come base di partenza di colpi di mortaio. Versione mai confermata da fonti indipendenti.

All’ospedale, con i suoi 80 pazienti con gravi disabilità, è stata affidata dal Ministero della Sanità palestinese, una nuova sede, nell’area di al-Zahara, alla periferia di Gaza City, ci racconta il dottor Basman Alashi, direttore esecutivo della struttura sanitaria. Una cucina è stata adattata a nuovo laboratorio analisi. Terrazzi e balconi sono diventati le nuove stanze per la riabilitazione.

Il Shuhada al-Aqsa Martyrs hospital, a Deir al-Balah, è stato colpito dall’esplosione di missili anticarro il 21 luglio. Distrutti totalmente i dipartimenti di medicina e chirurgia generale. Cinque persone uccise. Almeno 40 i feriti. Due ambulanze danneggiate. Garantisce servizi sanitari nell’area centrale della Striscia, agli almeno 145.000 rifugiati dei campi palestinesi di Nuseirat, Bureij, Maghazi e Deir al-Balah. Abbiamo potuto constatare in dieci minuti si possono contare almeno tre cali improvvisi di tensione elettrica. Significa niente più monitor in terapia intensiva, niente più luce in sala operatoria. Di nuovo attivo anche il servizio di dialisi. Le 21 ore giornaliere senza corrente elettrica e la carenza cronica di gasolio per i generatori, rendono per ciascun paziente, le canoniche tre sedute di dialisi settimanali, di quattro ore ognuna, sempre più impraticabili.

L’attività del Balsam hospital, a Beit Lahiya, si è fermata per un mese, dal 23 luglio, dopo che la struttura è stata gravemente lesionata dai combattimenti. Era già stata colpita dai carri armati israeliani l’11 luglio. Danneggiato gravemente il terzo piano, dove c’erano il dipartimento di chirurgia e le sale operatorie. Danni minori nel reparto di pediatria, dove hanno perso la vita quattro bambini, e nella farmacia, al primo piano. Evacuato disordinatamente nel Kamal Udwan hospital, struttura da 100 posti letto, a cui afferiscono 300 mila persone tra Beit Lahiya e il campo di Jabaliya.

Oggi nel Balsam hospital sono ripresi gli interventi di piccola chirurgia. Per le radiografie sono disponibili sono apparecchiature portatili. La pediatria conta 12-13 posti letto e la neonatologia può accogliere quattro bambini, avendo a disposizione solo due ventilatori automatici. Per gli adulti, non esiste più un reparto ma solo una sorta di pronto soccorso.

Situazione sovrapponibile nella clinica al-Atatra, a ovest di Beit Lahiya, costretta a rimanere chiusa il venerdì e il sabato per mancanza di materiali.

Il 25 luglio colpito per la seconda volta l’ospedale di Beit Hanoun, nel nord della Striscia. 50.000 erano le persone che vi afferivano. L’ospedale ha accolto e trattato almeno 30 bambini, violentemente feriti, dopo l’attacco indiscriminato del 24 luglio, sulla scuola UNRWA che ospitava più di 800 palestinesi. Il direttore medico e anestesista, Dr Aiman Hamdan, ci racconta che sono stati distrutti completamente, dai bombardamenti israeliani: pronto soccorso, sale operatorie, reparto femminile e quello pediatrico, Out-Patients Clinic e generatori centrali di elettricità. Parzialmente distrutti i sistemi di erogazione di ossigeno e i ventilatori meccanici della terapia intensiva. L’ospedale è stato evacuato nel giro di 48 ore. Rimane chiuso per 10 giorni e riprende l’attività medica solo come Primary Health Care. Dopo due settimane dall’attacco rinizia anche l’attività chirurgica con turni di 24 ore per il personale sanitario e con il ritmo di un centinaio di persone visitate ogni 10 minuti.

Oggi l’ospedale conta 70 posti letto, tra cui 10 di terapia intensiva. Nelle due sale operatorie scorrono tra mille difficoltà due interventi al giorno di chirurgia generale e chirurgia pediatrica. Le attività vanno avanti con alternativamente 6 ore di elettricità e 12 ore di buio, coperte dal lavoro dei generatori elettrici. Chiaramente il gasolio, come i materiali, le apparecchiature di sostituzione, i farmaci e le forniture di ossigeno arrivano tassativamente da Israele. E spesso nei posti letto delle terapie intensive, manca l’erogazione di ossigeno. L’attività di ricostruzione del solo immobile è garantita dai fondi stanziati dal Comitato Internazionale della Croce Rossa.

Nello stesso pomeriggio, erano più o meno le quattro, bombardato il Mohammed al-Durrah Children’s hospital, nel quartiere di al-Tuffah a est di Gaza City. Due bombardamenti e almeno 3-4 colpi di mortaio centrano una fabbrica di materiale plastico a 193 metri dall’ospedale. Indirettamente e intenzionalmente l’ospedale viene colpito dalle macerie dell’azienda e viene parzialmente danneggiato. Lesionati murature, finestre, porte, macchinari. Un bambino in terapia intensiva rimane ucciso, uno gravemente ferito. 30 piccoli pazienti erano ricoverati. Dopo tre giorni nuovi raid aerei ordinati dal governo di Netanyahu che distruggono totalmente la struttura.

Evacuato per ragioni di sicurezza e per i severi danni riportati, i membri dello staff medico vedono i loro pazienti trasferiti all’al-Shifa hospital e al Rantisi specialist paediatric hospital, a Gaza City. Rimane chiuso per sei mesi. L’ingresso al pronto soccorso è stato ristabilito solo durante questa settimana, con l’odore fresco e pungente della vernice grigia sulle pareti. La terapia intensiva è passata da cinque a tre posti letto disponibili. Il reparto di pediatria da 85 a 30 letti. Ancora nessun posto di terapia intensiva neonatale. Mancano monitor, computer, facilitazioni in laboratorio e farmacia. Parzialmente danneggiati e mai sostituiti gli apparecchi per ecografia e per radiografia. Vengono utilizzati 4000 litri di gasolio al mese, per i generatori di corrente elettrica. Contando che un litro di gasolio costa tra i sei e i sette shekel, vengono  di fatto regalati ad Israele tra i 24.000 e i 28.000 shekel (l’equivalente di circa 6000 euro).

L’attacco senza distinzione sull’al-Durrah paediatric hospital è oggi tra le azioni sotto indagine, come crimine di guerra.

Il primo agosto a seguito di un raid aerei del governo di Tel Aviv, il Ministero della Salute palestinese annuncia la chiusura dello Abu Youssef al-Najjar hospital, a Rafah. Nessuna sicurezza per pazienti e staff medico. Oggi plastica e cerotti sostituiscono ancora i vetri delle finestre. Il Ministero della Sanità palestinese ha ufficialmente autorizzato allo staff dell’ospedale solo attività di emergenza. Di fatto nelle due sale operatorie ruotano circa 30 interventi a settimana.

Secondo i dati di riferimento dell’Autorità Palestinese e dell’UNRWA colpite da Margine Protettivo 101 strutture sanitarie. 18 delle quali sono state gravemente o moderatamente danneggiate. Lesionati il 66% di tutti gli ospedali della Striscia. Nena News

Nena News Agency “REPORTAGE. Gaza, gli ospedali sei mesi dopo Margine Protettivo” – di Federica Iezzi

 

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GAZA. Al via la missione di cardiochirurgia pediatrica

Nena News Agency – 05 dicembre 2014

FOTO. Riprese le missioni di cardiochirurgia pediatrica del Palestine Children’s Relief Found, nell’ospedale di Khan Younis, dopo la fine dell’offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza

Khan Younis (Gaza Strip) - In terapia intensiva dell'European Gaza Hospital

Khan Younis (Gaza Strip) – In terapia intensiva dell’European Gaza Hospital

di Federica Iezzi

Khan Younis, 5 dicembre 2014, Nena News – E’ iniziata ieri l’undicesima missione umanitaria di cardiochirurgia pediatrica del PCRF, nell’European Gaza Hospital, di Khan Younis, a sud della Striscia di Gaza. La missione è guidata dal dottor Stefano Luisi, cardiochirurgo pediatra, presidente uscente dell’International Palestinian Cardiac Relief Organization.

Del team fanno parte Federica Iezzi e Massimo Padalino (cardiochirurghi pediatri), Paolo Del Sarto, Carmelo Vullo, Simonetta Maghelli, Cristiana Carollo e Piergiorgio Setti (anestesisti e intensivisti), Vittoria De Lucia (cardiologo pediatra), Dario Fichera e Jermaine Gibson (tecnici della perfusione cardiaca).

Il numero di bambini palestinesi operati al cuore nelle precedenti altre 10 missioni, ormai ha superato il centinaio. In poco meno di una settimana, sono stati programmati 10 interventi, in pazienti dai 5 agli scarsi 30 chili. Il più piccolo ha solo pochi mesi. Sono già più di quaranta i bambini visitati ed entrati subito in lista per un intervento chirurgico.

La mattina alle 7 l’ospedale freme per la preparazione della sala operatoria e della terapia intensiva, per i bambini infreddoliti dalla notte e in attesa della chirurgia. Durante i giorni di Margine Protettivo, l’offensiva israeliana contro la Striscia di Gaza della scorsa estate, alcune parti dell’ospedale sono state danneggiate dai bombardamenti. E i segni si vedono ancora.

Il personale non è mai mancato un giorno, lavorando al ritmo di turni di 24 ore. E lottando per non abbandonare il programma di cardiochirurgia pediatrica. Oggi ripagati di tutti gli sforzi e con il dolore della perdita di genitori, amici e fratelli, guardano sorridere Ahmed il primo bambino uscito dalla sala operatoria, dopo il tanto aspettato intervento al cuore. Nena News

 

(Nelle foto: gli anestesisti Paolo Del Sarto e Carmelo Vullo; i cardiochirurghi pediatri Federica Iezzi e Massimo Padalino; i tecnici della perfusione cardiaca Jermaine Gibson, Dario Fichera e Shady Alqhady; la cardiologa Vittoria De Lucia e gli anestesisti Carmelo Vullo e Cristina Carollo)

Nena News Agency “GAZA. Al via la missione di cardiochirurgia pediatrica” di Federica Iezzi

 

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GAZA. Ospedali sotto le bombe

Gaza City (Striscia di Gaza) 28 luglio 2014 – Al-Shifa hospital dopo il bombardamento israeliano che ha ucciso 10 bambini

 

Nena News Agency – 28 luglio 2014

 

Nella Striscia di Gaza devastati ospedali, ambulanze, servizi e forniture mediche. Colpito duramente il personale sanitario che continua, senza sosta, a curare feriti e a strappare alla morte centinaia di civili 

 

 

Striscia di Gaza - Ospedale di Beit Hanoun -

Striscia di Gaza – Ospedale di Beit Hanoun –

 

di Federica Iezzi

Khan Younis, 28 luglio 2014, Nena News – E’ il ventesimo giorno dall’inizio dell’attacco israeliano a Gaza. Il numero di palestinesi uccisi supera i 1000, per lo più civili. Almeno 194 sono bambini. I morti nelle fila dell’esercito israeliano sono 43. I feriti palestinesi sono più di 6.000 e continuano drammaticamente ad aumentare. Almeno 1300 sono bambini. Più di 165.000 i profughi.

Sabato, durante la tregua umanitaria di 12 ore – che  pareva prolungata a 24 – sono stati recuperati almeno 151 corpi carbonizzati dai bombardamenti, schiacciati sotto grigi edifici distrutti, mutilati e insanguinati. Molti di questi sono stati rinvenuti nel quartiere di Shujaya, zona est di Gaza City e nel villaggio di Khuza’a, a sud della Striscia. Continua l’incessante lavoro del personale sanitario, privo di alcuna protezione.

Secondo il Ministero della Salute palestinese dei 13 ospedali presenti nella Striscia di Gaza, 6 sono stati obiettivi dei bombardamenti indiscriminati e sono oggi danneggiati. Ventisei tra servizi medici, ambulanze, cliniche e ospedali maggiori sono stati oggetto della furia israeliana.

Dall’inizio dell’offensiva israeliana via terra, l’ultimo a essere colpito in ordine di tempo è stato l’ospedale di Beit Hanoun, a nord della Striscia. Dopo i bombardamenti di giovedì sulla scuola dell’UNRWA che accoglieva profughi palestinesi, venerdì anche il nosocomio è stato investito dai colpi dei carri armati israeliani. Al suo interno sono rimasti bloccati pazienti, civili e 61 persone dello staff medico. L’ospedale è stato parzialmente evacuato, mentre l’esercito israeliano circondava le aree limitrofe. Ieri è stata colpita un’altra ambulanza: è morto un paramedico e un altro è gravemente ferito.

Nella notte tra giovedì e venerdì è stato bombardato anche l’ospedale pediatrico al-Durrah  a Gaza City. E’ morto un bambino di due anni, già severamente ferito, in trattamento nel reparto di terapia intensiva. E i feriti sono stati almeno 30.

Giovedì della scorsa settimana, dopo l’attacco aereo israeliano, è stato completamente evacuato il centro ospedaliero geriatrico e di riabilitazione al-Wafa, nel quartiere di Shujaya. Mercoledì è stato interamente distrutto dalla pioggia di missili israeliani. Il bilancio è stato di almeno 7 cliniche mediche lesionate, 5 membri dello staff sanitario uccisi e altri 13 feriti.

Nei giorni passati è stata colpita da ininterrotti bombardamenti – insieme a 12 ambulanze – la clinica medica al-Atatra, nell’omonimo quartiere di Beit Lahiya, a nord di Jabaliya. E’ stato attaccato per la seconda volta l’ospedale Balsam, a nord della Striscia.

Lunedì scorso i carri armati hanno devastato l’ospedale al-Aqsa, a Deir al-Balah, nel centro della Striscia di Gaza, provocando la morte di almeno 5 persone e il ferimento di più di 50 civili. E’ stato danneggiato e reso inutilizzabile il sistema di erogazione di ossigeno dell’ospedale.

I bombardamenti non sono stati preceduti da nessun avvertimento.

L’evacuazione di molti ospedali causa l’inevitabile sovraffollamento di altri: è il caso dell’ospedale Nasser a Khan Younis, che lotta ogni giorno per far fronte alle centinaia di feriti che si riversano come fiumi nel pronto soccorso.

Nell’European Gaza Hospital di Khan Younis, a sud della Striscia di Gaza, le notti diventano sempre più difficili. Il rumore assordante delle esplosioni e l’odore amaro della polvere da sparo riempiono la porta del pronto soccorso. Molte famiglie dormono nelle aree circostanti l’ospedale. Tutti i letti della terapia intensiva generale sono occupati, molti da donne e bambini. Il personale sanitario si avvicenda con turni di 24 ore. L’ospedale è senza elettricità e senza acqua per la maggior parte della giornata. Le sale operatorie sono state parzialmente lesionate da colpi di artiglieria, ma riescono ancora a rimanere funzionanti. La mancanza di farmaci essenziali e di forniture mediche ha raggiunto livelli critici. Pericolosi e senza copertura gli spostamenti delle ambulanze e del personale sanitario, che avvengono solo prima delle 11 di mattino, diventati, contro ogni norma del Diritto Internazionale Umanitario, target delle bombe israeliane.

Venerdì l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha chiesto la possibilità di aprire un corridoio umanitario, per consentire l’ingresso di materiale sanitario nella Striscia di Gaza e per permettere l’evacuazione di feriti. Soltanto 61 feriti hanno avuto il permesso di attraversare il valico di Rafah, al confine con l’Egitto. E’ rimasto aperto venerdì e sabato il valico di Kerem Shalom, al confine tra Striscia di Gaza, Israele ed Egitto, per l’ingresso di aiuti umanitari. Nena News

 

Nena News Agency “GAZA. Ospedali sotto le bombe” – di Federica Iezzi

 

 

 

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GAZA. Sempre più critica la situazione sanitaria

Gaza City (Gaza Strip) 20 july 2014 – Massacre in Shujaya neighborhood

 

Nena News Agency – 12 luglio 2014

 

Gli ospedali sono vicini al collasso. L’Organizzazione Mondiale della Sanità segnala l’insufficienza di forniture mediche e di carburante per i generatori autonomi di elettricità. Condizioni che non consentono di gestire l’ondata dirompente di feriti, mutilati e invalidi

 

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di Federica Iezzi

Khan Younis, 12 luglio 2014, Nena News – L’Organizzazione Mondiale della Sanità segnala la grave carenza nei serivizi sanitari palestinesi. Insufficienza di forniture mediche e di caburante per i generatori degli ospedali, rendono le strutture sanitarie della Striscia di Gaza inadatte a gestire l’ondata dirompente di feriti, mutilati e invalidi causata dall’offensiva aerea israeliana.

I risultati degli indiscriminati bombardamenti fanno salire ora dopo ora il numero di civili feriti, che si riversano caoticamente negli atri e negli affollati corridoi degli ospedali maggiori della Striscia. I pazienti arrivano negli ospedali in ambulanze, furgoni, auto private e taxi collettivi, senza nessuna forma di allertarmento. Il 23% sono bambini.

Attualmente almeno 250 palestinesi non hanno la possibilità di ricevere cure mediche adeguate, per la mancanza assoluta di letti e barelle nei centri di pronto soccorso. Bloccata le attività sanitarie in elezione.

Mancano farmaci di emergenza, antibiotici e antidolorifici, materiale monouso e materiale sterile. Mancano guanti, cateteri urinari, punti di sutura e attrezzature mediche diagnostiche. Crolla l’attività  dei laboratori. Pesante lo stato delle banche del sangue. Già in utilizzo le scorte di materiale, che diminuiscono severamente. Non ultime, mancano forniture di carburante medico-ospedaliero per fronteggiare le innumerevole ore in cui l’elettricità manca. Critiche le condizioni dei pazienti ammessi nei reparti di emergenza, nelle rianimazioni e nelle sale operatorie.

Nel centro della Striscia di Gaza, nei pressi dei campi profughi di al-Nussairat e al-Maghazi,  negli ultimi bombardamenti sono stati danneggiati un ospedale, tre cliniche secondarie e un centro di desalinizzazione di acqua. Secondo il portavoce del Ministero della Salute palestinese, Ashraf al-Qedra, mancherebbe il 30% dei farmaci essenziali per la cura dei feriti gravi. A Gaza rimane un’autonomia del 15% per il resto dei farmaci, utilizzati nelle cure croniche.

Il Primo Ministro palestinese, Rami Hamdallah e il Ministro della Salute palestinese, Jawad Awwad, hanno coordinato una spedizione via mare, dai territori cisgiordani, Ramallah e Nablus, di farmaci per cure croniche, come diabete e malattie renali, farmaci oncologici, soluzioni arteriose, sacche di sangue e materiale di laboratorio.

Il Qatar avrebbe donato 5 milioni di dollari per l’acquisto di forniture ospedaliere e per servizi di emergenza nella Striscia di Gaza. La donazione sarebbe stata annunciata da Muhammad al-Ummadi, membro del Ministero degli Esteri del Qatar, che presiede il Comitato per la ricostruzione della Striscia di Gaza.

Intanto il personale medico gazawi lavora senza sosta, con turni logoranti senza orari.

Tre giorni fa, l’European Gaza Hospital di Khan Younis, a sud della Striscia di Gaza, ha subito danni durante un attacco aereo avvenuto a breve distanza. Un infermeire è stato ferito. Nonostante il barbaro perpetrarsi di bombardamenti senza preavviso su case, famiglie e bambini, nei pressi dell’ospedale, il personale sanitario continua a lavorare. Divisi in tre gruppi, medici e infermieri, coprono le 24 ore.

Ormai gli spostamenti sono diventati troppo pericolosi. Alcuni non riescono ad arrivare in ospedale perché vivono troppo lontani, per affrontare, senza rischi, il cammino a piedi. A molti mancano soldi per il trasporto pubblico. L’ospedale al-Shifa, nel distretto di Rimal a Gaza City, riceve ininterrottamente da quattro giorni feriti da schegge di proiettili – pare in qualche caso anche dalle operazioni di lancio dei razzi indirizzati dai miliziani palestinesi verso Israele – vittime dei martellanti bombardamenti e dei crolli degli edifici. I 12 letti della terapia intensiva dell’ospedale sono assiduamente occupati.

Da quando, giovedì, le autorità egiziane hanno aperto il valico di Rafah, dopo estenuanti pratiche burocratiche, solo 11 pazienti con ferite gravi hanno avuto il permesso di attraversare il confine tra Striscia di Gaza ed Egitto, in ambulanza. Chiuso nuovamente ieri dopo l’opera di allertamento degli ospedali egiziani più vicini a Rafah e quelli del Sinai settentrionale. Nena News

 

Nena News Agency “GAZA. Sempre più critica la situazione sanitaria” – di Federica Iezzi

 

Gaza Strip 21 july 2014 – AlJazeeza “Deaths as Israeli tanks shell Gaza hospital”

 

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GAZA. La bambina di cristallo

Nena News Agency – 28 marzo 2014

Missione di cardiochirurgia – European Gaza Hospital – Khan Younis (Striscia di Gaza)

 

La storia di Marah, una bimba di poco più di due mesi operata al cuore per una grave cardiopatia congenita all’European Gaza hospital di Khan Younis, durante la missione italiana di cardiochirurgia pediatrica

 

di Federica Iezzi

 

Con Marah in Terapia Intensiva

Con Marah in Terapia Intensiva

 

Khan Yunis (Gaza), 28 marzo 2014 – Nena News Marah è nata nel nord della striscia di Gaza.  E’ arrivata dopo un viaggio fatto in quelli che nei territori palestinesi chiamano “taxi collettivi”, avvolta in una copertina rosa e bianca. Sotto tanti, troppi vestitini, uno strato addosso all’altro. Era con la nonna. Una donna coperta da una jalabiya scura. Aveva un velo che le copriva l’intero viso, lasciandole scoperti solo i profondi e tormentati occhi neri. La giovane mamma, coperta da un velo colorato, tentava perdutamente, con la poca esperienza, di tenere in braccio la sua bimba di cristallo.

Marah ha qualche mese di vita e pesa poco meno di tre chili. E’ venuta al mondo con una cardiopatia congenita complessa. Qui a causa dei consueti matrimoni fra cugini aumenta la facilità di nascere con malattie poco conosciute.

Un pianto disperato l’ha accompagnata sull’enorme lettino. Mentre si avvicinava alla grande apparecchiatura per fare l’ecocardiografia, Marah come tutti i bambini era intimorita da quel gigante tecnologico, a cui davi ordini schiacciando dei buffi tasti. Osservava silenziosamente tutto con curiosità. Mostrava indifesa le sue percezioni, attraverso i suoi occhi neri.

E’ già alla sua seconda visita. La prima è stata subito dopo la nascita, in un altro ospedale, non lontano da Khan Younis e dall’European Gaza hospital. Un bel giorno la famiglia si riunì e  prese l’autorevole decisione di farla visitare dai medici italiani, accolti dalla Striscia. Da lì un lungo giro di telefonate, appuntamenti mancati, relazioni cliniche mai lette, fino al momento in cui il cuore di Marah è stato sentito per la prima volta da uno degli anestesisti italiani della missione.

Nei facoltosi ospedali occidentali la chirurgia ha il delicato compito di corregge difetti al cuore tanto complicati, come quelli di Marah, con una serie di piccoli passi. Ogni piccolo passo è un nuovo intervento per il bimbo ed è una nuova sfida per la famiglia. A Marah non basta un solo intervento per guarire. Avrà bisogno di almeno due operazioni al cuore per iniziare a correre tra le dune di sabbia che costeggiano il mare nostrum.

Con una fragorosa energia ha affrontato il primo intervento. Così piccola e indifesa in sala operatoria. Il freddo guidava i gesti ripetitivi e conosciuti. Tutti i medici la circondavano e ognuno di loro dava qualcosa della sua esperienza unicamente a lei.

In terapia intensiva nei primi giorni sembrava affranta, la sua pelle era di quell’incredibile color olivastro, sottile, quasi vellutata. Ma i suoi occhi vispi brillavano ogni volta che arrivava una nuova persona a visitarla. E poi eccola che quasi insaziabile inizia a prendere il suo latte. Nessun gioco, nessun sonaglino, nessun carillon a tenerle compagnia, solo il suono pungente delle macchine della rianimazione.

Ha percorso armoniosamente questa strada in salita sotto gli occhi vigili della mamma. A volte con le lacrime, a volte con una serietà irreprensibile. A volte, mangiando, a volte dormendo, a volte facendo capricci. Ma mai lasciando andare la vita.Nena News

 

Nena News Agency “GAZA. La bambina di cristallo” – di Federica Iezzi

 

 

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La dottoressa dal velo bianco

Nena News Agency – 19 marzo 2014

Missione di cardiochirurgia – European Gaza Hospital – Khan Younis (Striscia di Gaza)

 

La storia di Shaymaa Shurrab, pediatra palestinese all’European Gaza hospital di Khan Younis, prendendosi cura dei bambini della sua terra, nonostante i mille impedimenti

 

 

di Federica Iezzi (Cardiochirurgo pediatra)

 

Shaymaa Shurrab, pediatra palestinese

Shaymaa Shurrab, pediatra palestinese

Striscia di Gaza, 19 marzo 2014, Nena News – Ci sono vite che passano inosservate, i cui ardenti racconti invece penetrano violentemente sotto la pelle. Questa è la storia della dottoressa dal velo bianco.

Il suo nome è Shaymaa Shurrab. Ha 28 anni. È nata in Arabia Saudita da una famiglia palestinese, ha trascorso la sua infanzia nel villaggio di Abha, non lontano dalle coste del Mar Rosso. Durante la guerra del Golfo del 1991 lei e la sua famiglia furono strappati dalle montagne saudite, trattenuti sul confine giordano e poi deportati nella Striscia.

I primi anni dell’adolescenza e le scuole correvano parallelamente, fino al giorno in cui, tra migliaia di studenti, le fu affidata una borsa di studio per frequentare la facoltà di Medicina in Siria, all’università di Damasco. A 16 anni si è ritrovata improvvisamente donna, senza una famiglia a cui chiedere conforto, senza la quiete dell’infanzia ma solo con responsabilità, obblighi e saggezza da imparare. Anche quegli anni passano velocemente e si ritrova medico, in un paese diverso dal suo paese che sente fortemente come la sua casa, con gente diversa dalla sua gente, che sente come la sua famiglia.

A causa dell’assedio israeliano sulla Striscia di Gaza e la continua chiusura del valico di Rafah, al confine tra la Striscia e l’Egitto, i risparmi di quei quattro anni la portarono a rivedere i suoi genitori a Gaza soltanto nel 2008. Il 2008 fu un doloroso anno nel taccuino degli avvenimenti, accuratamente custodito dalla Striscia di Gaza, per i sanguinosi e selvaggi attacchi da parte delle forze israeliane contro gli obiettivi sospettati di essere legati al governo di Hamas. Parliamo di quella che oggi i libri ricordano come “operazione Piombo fuso”. Era il dicembre 2008. I morti solo durante la prima giornata di bombardamenti, un sabato di freddo sole invernale, furono 300. In tutto si contarono circa 700 vittime. In qualsiasi strada, vicolo, viale si poteva sentire l’odore di sangue, il sapore della morte, l’essenza di corpi martoriati per avere la sola colpa di difendere le loro case, le loro storie, le loro vite, le loro idee. Shaymaa per qualche mese lavora come volontario a Khan Younis, nell’European Gaza hospital. Finalmente la Rafah circondata da alte mura, apre i suoi cancelli e Shaymaa raggiunge di nuovo la Siria dove inizia la sua specializzazione in pediatria. Dopo gli 11 anni di solitudine, fede, duro lavoro, intervallati da attimi di cupo sconforto, passati a Damasco, Shaymaa oggi è la pediatra che si prende cura dei bimbi della sua terra, nonostante i mille impedimenti e gli incoerenti ostacoli.

Nella guerra civile scoppiata in Siria nel 2011, per Bashar Al-Assad ogni palestinese risultava colpevole a causa della sua nazionalità. L’unica colpa era il possesso di un passaporto palestinese. Così Shaymaa per l’ennesima volta è stata scaraventata inumanamente al di là del muro della Striscia.

Oggi, instancabile, con il suo composto hijab bianco che le tiene coperta la testa, lavora nella terapia intensiva neonatale dell’European Gaza hospital. È stata il nostro braccio destro in rianimazione durante la missione di cardiochirurgia pediatrica. Precisa, intelligente, competente cura i suoi bambini, supporta e sostiene i grigi timori dei genitori. Ed ecco il suono intenso della sua voce “the only thing that could stop me is death”. Nena News

 

Nena News Agency “La dottoressa dal velo bianco” – di Federica Iezzi

 

 

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GAZA. Dentro l’ospedale dei bambini

Nena News Agency – 15 marzo 2014

Missione di cardiochirurgia – European Gaza Hospital – Khan Younis (Striscia di Gaza)

 

La testimonianza di una delle dottoresse della missione italiana di cardiochirurgia pediatrica all’European Gaza hospital di Khan Younis.

 

di Federica Iezzi (Cardiochirurgo pediatra)

 

In operating theatre of European Gaza Hospital - Khan Younis (GazaStrip)

In operating theatre of European Gaza Hospital – Khan Younis (GazaStrip)

Khan Younis, 15 marzo 2014, Nena News – A Sud della Striscia di Gaza, un margine di terra chiusa tra il mare, l’embargo di Israele e i confini egiziani, aperti per tre giorni una volta al mese, vive un ospedale sotto il tuono dell’assedio infinito. Il continuo fuoco sulle città e sui valichi di uscita dai territori palestinesi, non frena l’umile, duro e magistrale lavoro dell’European Gaza hospital.

Operare i bambini al cuore è un dono che viene fatto a te più che a loro. Ritrovi l’essenza dell’esistenza. I medici scelgono la chirurgia per la pace. Entrare in sala operatoria, chiudere quella porta dietro la loro schiena, non ascoltare il ritmo drammatico del mondo ma solo pace. Solo silenzio. Solo l’acuirsi di quella preziosa solitudine che accompagna l’uomo ogni giorno.

E in guerra dove ritrovare questa pace? Durante la missione la mattina si entrava in sala operatoria dopo notti passate ad ascoltare il muezzin di fronte alla finestra e le bombe a due chilometri e mezzo di distanza.

Tanti edifici sono feriti da proiettili, la forma e la violenza è ben riconoscibile. La gente cauta ha poca voglia di raccontare una storia che nessuno ha mai voluto ascoltare. È la memoria della gente  a rappresentare la guida dei bambini che, a piedi scalzi e con i capelli intrisi di sabbia, riempiono le  giornate e gli animi.

Quasi tutte le mamme dei bimbi operati in terapia intensiva, indossavano il niqab. Se non c’erano  uomini, la sera, stanche, si sollevavano il velo dal viso per riposare ai piedi del letto del figlio. Erano meglio di qualunque specialista nell’amministrare le dosi di latte in polvere che il piccolo doveva ricevere. Queste donne riuscivano con ossequiosa forza a ritrovare gesti familiari, luoghi riconosciuti, oggetti e monili che facevano parte della loro quotidianità.

Dopo qualche giorno dall’intervento i bambini superavano faticosamente, senza giochi e senza lunghe corse sulla sabbia,  le loro ultime giornate di ospedale nei letti del reparto. Erano contornati dalle numerose famiglie. Era sempre una gioia partecipare al tè della mattina e del pomeriggio. La gente è gentile. Come da tradizione araba danno il benvenuto agli stranieri con una tazza calda di tè.

Tra qualche parola in arabo e qualche gesto di affetto, la giornata prendeva un pungente sapore di serenità.

Si torna a casa con un piccolo bagaglio sulle spalle di insegnamenti. Insegnamenti preziosi su spalle sempre più forti. E ti accorgi che la vera fortuna è l’incontro con l’animo generoso della gente. Nena News

 

Nena News Agency “GAZA. Dentro l’ospedale dei bambini” – di Federica Iezzi

 

 

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