NIGERIA. Emergenza alimentare nello stato di Borno

Nena News Agency – 21/11/2016

14 milioni di persone, tra cui 400.000 bambini, hanno oggi bisogno di assistenza umanitaria nella regione, ex roccaforte di Boko Haram. Da quando il gruppo jihadista ha iniziato i suoi attacchi nel Paese nel 2009, sono state uccise decine di migliaia di persone. Oltre 2 milioni gli sfollati

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di Federica Iezzi

Maiduguri (Nigeria), 21 novembre 2016 – In mezzo a fame e migrazioni forzate, sono quasi spariti i bambini al di sotto dei cinque anni di età. E’ l’allarmante appello di Medici Senza Frontiere. Siamo nello stato di Borno, nel nord-est della Nigeria. Non ci sono più nei centri per la cura della malnutrizione, non ci sono più negli ambulatori medici, non ci sono più nei reparti degli ospedali, non ci sono più legati sulle spalle delle loro madri. E’ singolare non vedere bambini piccoli quando vengono allestiti nuovi campi per gli sfollati interni. Esistono sempre e solo fratelli e sorelle più grandi. Allora, dove sono andati?

Tra il 2013 e il 2014, i civili del nord-est della Nigeria lasciano le proprie case per sfuggire agli attacchi dei jihadisti di Boko Haram. Da villaggi limitrofi, a migliaia trovarono rifugio a Maiduguri, capitale dello Stato di Borno. Il governo nigeriano ha lanciato una controffensiva nel 2014, che si è intensificata l’anno successivo. Mentre i combattimenti continuavano ad inghiottire la regione, milioni di civili sono stati sradicati dalle loro terre, spogliate di qualsiasi mezzo di sopravvivenza. La mancanza di cibo e di nutrienti essenziali ha portato a tassi di malnutrizione preoccupanti. La malnutrizione spazza via la resistenza di un bambino o di un anziano alle malattie più banali. E allora un focolaio di morbillo diventa mortale. Malaria, diarrea e infezioni respiratorie hanno decimato la popolazione, la mancanza di vaccinazioni ha fatto il resto.

Solo lo scorso giugno, il governo nigeriano ha dichiarato l’emergenza alimentare nello stato di Borno. Ormai troppo tardi. Troppi bambini e neonati avevano già perso la vita a causa della malnutrizione, aggravata da infezioni e malattie prevenibili. Sono state vittime della fame. Le proiezioni nutrizionali svolte in diverse località a Borno nei mesi tra maggio e ottobre hanno rivelato che il 50% dei bambini sotto i cinque anni sono acutamente malnutriti.

Nel mese di luglio, secondo i report redatti dall’ONU, quasi un quarto di milione di bambini in aree dello stato di Borno è affetto da malnutrizione grave. E almeno 75.000 bambini nel nord-est della Nigeria rischiano di morire per la fame nei prossimi mesi. Il prezzo degli alimenti di base è salito alle stelle negli ultimi mesi. E un numero sempre crescente di famiglie residenti o sfollate, semplicemente non può permettersi di mangiare.

La distribuzione gli aiuti umanitari al di fuori della capitale Maiduguri è estremamente difficoltosa. Le aree periferiche sono isolate e la lotta a Boko Haram infuria ancora attorno a villaggi rasi ormai al suolo. L’agricoltura è annientata, i mercati rimangono vuoti, il personale sanitario e le strutture mediche sono in condizioni gravose. 1,8 milioni di bambini a Borno non va a scuola a causa degli attacchi da parte dei combattenti di Boko Haram. I civili rimasti sono alla disperata ricerca di cibo, e hanno bisogno di assistenza medica, comprese le campagne di vaccinazione. Il ministero della salute nigeriano, con il supporto dell’OMS, si propone di raggiungere più di 75.000 bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 15 anni, in 18 campi sfollati, tra cui Muna Garage, Custom House e Fariy, per le campagne di immunizzazione.

14 milioni di persone, tra cui 400.000 bambini, hanno oggi bisogno di assistenza umanitaria nella regione, ex roccaforte dei militanti di Boko Haram. Decine di migliaia di persone sono state uccise e si contano più di due milioni di sfollati da quando Boko Haram ha iniziato le sue operazioni militari nel 2009 nello stato di Borno e in altre aree nord-nigeriane. Nena News

Nena News Agency “NIGERIA. Emergenza alimentare nello stato di Borno” di Federica Iezzi

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NIGERIA. Liberarsi della poliomielite

Nena News Agency – 02 novembre 2015

Solo nel 2012, nel paese africano si erano contati più della metà di tutti i casi documentati nell’intero globo. L’ultimo risale al 24 luglio dello scorso anno, confermata l’assenza di nuovi casi nei 12 mesi successivi. Adesso inizia il periodo di sorveglianza di almeno due anni, prima che l’Africa sia dichiarata libera dalla malattia

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di Federica Iezzi

Abuja (Nigeria), 2 novembre 2015, Nena News – L’annuncio ufficiale arriva dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: la poliomielite non è più endemica in Nigeria, ultimo paese dell’Africa in cui continuava una regolare trasmissione del virus.  Secondo la Global Polio Eradication Initiative, il partenariato pubblico-privato che guida la lotta per eradicare la malattia, l’ultimo caso di poliomielite in Nigeria risale al 24 luglio dello scorso anno. Tutti i dati di laboratorio hanno confermato l’assenza di nuovi casi nei 12 mesi successivi.

Adesso inizia il periodo di sorveglianza di almeno due anni, prima che l’Africa sia dichiarata libera dalla poliomielite, visto che si possono contare fino a 200 casi asintomatici di malattia, e quindi non si ha certezza del numero di serbatoi umani di virus attualmente presenti nel continente. L’ultimo caso è stato registrato in Somalia l’11 agosto 2014. Si aspetta dunque, in questa fase latente, la conferma da parte dell’OMS che gli ultimi campioni prelevati da persone in aree precedentemente colpite siano esenti da virus.

Solo nel 2012, in Nigeria si erano contati più della metà di tutti i casi di poliomielite documentati nell’intero globo. Portata avanti dal governo di Muhammadu Buhari un’enorme campagna di vaccinazione, che ha immunizzato contro il poliovirus 45 milioni di bambini sotto l’età di cinque anni.

I centri di vaccinazione hanno lavorato ininterrottamente per anni contro diffidenza, violenza e attacchi da parte dei militanti di Boko Haram. Secondo i dati dell’UNICEF, almeno mezzo milione di bambini negli ultimi cinque mesi è fuggito a causa di attacchi da parte di Boko Haram, mancando agli appuntamenti nei centri medici di vaccinazione. Per evitare recrudescenze della malattia gli operatori sanitari hanno concentrato l’attenzione anche sulle famiglie di rifugiati in fuga dalla Nigeria e dai Paesi limitrofi, come Cameroon e Ciad. Guerre e disordini civili rimangono il più grande ostacolo alla vaccinoterapia.

Per quasi un anno, nel 2003, alcuni stati della Nigeria del nord avevano boicottato il vaccino antipolio orale, credendo che fosse la causa della sterilizzazione femminile. Nel 2013 nove operatori sanitari impegnati nelle campagne di immunizzazione sono stati uccisi e tre rapiti nell’area di Kano, nella Nigeria settentrionale.

Grazie all’istituzione di centri operativi di emergenza per coordinare campagne di vaccinazione e raggiungere i bambini anche in zone inaccessibili, oggi il numero di famiglie che rifiuta la vaccinazione per i propri figli è diminuito drasticamente. Anche lo stesso nord-est nigeriano ora è arrivato ad un tasso di immunizzazione contro la polio che sfiora l’85%.  La vaccinazione ha ridotto il numero di casi del 99% a partire dal 1988, dopo che la poliomielite aveva paralizzato, in 125 Paesi, almeno 350.000 bambini ogni anno.

Frenata quasi ovunque, con un vaccino che costa solo pochi centesimi, la poliomielite rimane oggi endemica in soli due Paesi, Pakistan e Afghanistan. Nel 2015 sono stati segnalati 41 nuovi casi di poliomielite: 32 in Pakistan e 9 in Afghanistan. 200 i casi nel 2014.  Esperti di salute globali puntano a eradicare la poliomielite in tutto il mondo entro il 2018. Questo significherebbe eliminare la seconda malattia nella storia dopo il vaiolo. Nena News

Nena News Agency “NIGERIA. Liberarsi dalla poliomielite” – di Federica Iezzi

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Nigeria al voto nel sangue

Nena News Agency – 30 marzo 2015

Migliaia di persone scese in strada, scontri e almeno 41 morti accompagnano la sfida tra l’attuale presidente Goodluck Jonathan e Muhammadu Buhari, candidato dell’opposizione. Con la paura che si ripeta la carneficina del 2011

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di Federica Iezzi

Lagos, 30 marzo 2015, Nena News – Problemi tecnici e ritardi hanno avviato la macchina elettorale del parlamento federale e del nuovo presidente in Nigeria. Dopo un rinvio di sei settimane per ragioni di sicurezza, urne aperte dalle 8 alle 13 dello scorso sabato, per i 70 milioni di elettori. Rallentamenti nelle procedure a causa dello sperimentale iter di registrazione dei votanti, tramite carte biometriche con le impronte digitali. Nuovo sistema progettato contro i brogli.

A causa dei recenti attacchi dei jihadisti di Boko Haram, in alcune zone del Paese, le operazioni di voto sono state sospese e rimandate a domenica. In più di 300 seggi, sui 150 mila presenti in tutto il territorio, si è continuato invece a votare. Dall’apertura dei seggi, almeno 41 persone sono state uccise nell’area di Gombe e Borno, nel nordest nigeriano, roccaforte dei militanti islamici, e nello stato di Rivers, nel sud-est del Paese.

Nei villaggi di Dukku, Birin Fulani, Tilen, Shole, Birin Bolawa e Buratai  si sono susseguiti attacchi e minacce dei militanti di Boko Haram ai funzionari elettorali. In quest’ultima località venerdì scorso i miliziani di Abubakr Shekau avevano decapitato una trentina di persone con una motosega, mentre nella provincia di Gombe avevano aperto il fuoco sulla gente in fila ai seggi.

Urne rubate e sospetti di ritardi in alcuni seggi elettorali, hanno peggiorato lo stato di veridicità delle operazioni. I confini nazionali sono chiusi da mercoledì scorso. Il traffico si è fermato nelle grandi città del Paese fino alle cinque del pomeriggio, con posti di blocco davanti ogni seggio. Ma centinaia di migliaia di nigeriani sono andati a votare, nonostante le minacce di Boko Haram.

Sono 14 i candidati alla carica di Presidente, tra cui per la prima volta anche una donna, Remi Sonaiya, del partito KOWA. Ma a contendersi davvero il mandato sono l’attuale presidente Goodluck Jonathan, attuale presidente impopolare e ampiamente accusato di corruzione, cristiano del sud, beneficiario dei ricchi introiti delle esportazioni petrolifere e il generale Muhammadu Buhari, forte del sostegno del nord islamico della Nigeria, area abbandonata dal governo centrale di Abuja e protagonista di una feroce dittatura militare nei primi anni ’80.

Una sfida che si ripete, dato che erano finiti al ballottaggio anche nel 2011. In quell’occasione vinse la popolarità di Jonathan. Almeno 800 civili, in seguito ai risultati di quelle elezioni, persero la vita durante violenti scontri. E gli sfollati interni furono 65.000.

In questi ultimi mesi, non sono mancate le critiche pesanti del generale Buhari al governo Jonathan, accusato di non saper interrompere la scia di sangue dipinta tragicamente dai combattenti di Boko Haram, che  dal 2002 hanno ucciso più di 10.000 civili, di cui 1000 solo durante quest’anno.

Il nord, a maggioranza musulmana, sembra essere il territorio sotto il controllo di Buhari e dell suo partito di opposizione, l’All Progressives Congress, mentre Jonathan e il Partito Democratico Popolare hanno maggiore sostegno nel sud, prevalentemente cristiano.

Oltre alle elezioni presidenziali, i nigeriani sono chiamati a votare per i governatori di 36 stati, per i rappresentanti dei 109 seggi del Senato e dei 360 dell’Assemblea Nazionale. L’annuncio dei risultati è atteso entro 48 ore dalla chiusura dei seggi. Senza il nome di un vincitore, le sorti della Nigeria saranno in mano al ballottaggio tra sette giorni. Il nuovo governo entrerà in carica alla fine di maggio. Nena News

Nena News Agency “Nigeria al voto nel sangue” – di Federica Iezzi

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La jihad africana. Gli al-Shabab attaccano la costa kenyana

Nena News Agency – 17 giugno 2014

 

La pacifica vita della città costiera di Mpeketoni è stata sconvolta dall’attacco dei jihadisti di al-Shabab. La scorsa sera sono stati devastati hotel, locali, ristoranti e banche. Assaltata anche la stazione di polizia. Dal 2010 al 2013 i gruppi jihadisti sono cresciuti del 58%. I combattenti attivi oggi sono stimati in più di 100 mila

 

 

di Federica Iezzi

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Mpeketoni (Kenya), 17 giugno 2014, Nena NewsL’attacco della scorsa sera dei jihadisti di al-Shabab nella città costiera di Mpeketoni (nell’ovest del Kenya) ha provocato finora 48 morti. Devastate e date alle fiamme, inoltre, alcune sedi governative e locali pubblici.

Il movimento di al-Qaeda, comunemente localizzato nell’area Afghanistan-Pakistan, si è allargato a macchia d’olio nel tormentato continente africano. I numeri sono impressionanti: sono 24 gli stati africani lacerati dai conflitti armati in cui combattono 146 gruppi armati.

Il selvaggio attacco in Kenya è solo l’ultimo massacro compiuto dall’organizzazione fondamentalista islamica che è balzata all’onore delle cronache negli anni ’90 durante la guerra civile algerina quando provò a fondare uno stato islamico in Algeria. Il gruppo integralista oggi controlla quasi tutte le province meridionali della Somalia, devasta il Corno d’Africa ed esporta violenza anche nei paesi limitrofi. La capitale keniana fu già segnata dalla violenza degli al-Shabab lo scorso settembre quando fu attaccato il centro commerciale Westgate. Le vittime allora furono 67.

Le incursioni degli islamisti somali nelle città costiere del Kenya affacciate sull’isola di Lamu sembrano essere un atto di ritorsione contro gli sconfinamenti dell’esercito kenyota in Somalia che, ufficialmente, prova in questo modo a prevenire qualunque attacco terroristico sul suo suolo.

I movimenti ribelli collegabili ad al-Qaeda in Africa prosperano. Dalla Somalia alla Siria, gli eredi di Bin Laden e dell’organizzazione terroristica nata 25 anni fa, non si limitano ad azioni di guerriglia contro le forze armate locali, ma approfittano della fragilità delle istituzioni politiche per imporre una rigorosa applicazione della shari’a [la legge islamica, ndr].

La caduta dei regimi di Mubarak in Egitto e di Gheddafi in Libia ha agevolato la loro attività. Venendo meno la forte autorità centrale che li reprimeva, i movimenti islamici radicali hanno avuto vita facile nel Sahel.

Il Mali è stato il primo paese a subire quest’onda d’urto. Dal colpo di stato della primavera del 2012, le popolazioni tuareg, alleatesi con il movimento di liberazione dell’Azawad (area del Nord del Mali che comprende le città di Timbuktu, Gao e Kidal), hanno preso il controllo del Paese dopo sanguinosi scontri contro l’esercito regolare maliano. Nelle zone da loro controllate i militanti islamici hanno poi subito imposto un governo basato su una inflessibile interpretazione della shari’a.

La Libia è da sempre sull’orlo di una guerra civile. Soprattutto in Cirenaica, regione ricca di petrolio e roccaforte di gruppi islamici armati. La fine del regime di Muammar Gheddafi ha permesso, attraverso il deserto di Erg Murzuq al confine con il Niger, l’ingresso nel Paese di enormi quantitativi di armi per le milizie salafite di Ansar al-Sharia. Abbondanti rifornimenti che comprendono lanciarazzi, mitra, kalashnikov, arrivano anche per i sunniti di Ansar al-Islam in Tunisia, Boko Haram in Nigeria e al-Shabaab in Somalia.

L’effetto domino ha coinvolto anche la Nigeria. Il gruppo islamico Boko Haram, nato nel 2002, all’inizio era considerato dal governo di Abuja solo un leggero fastidio. Oggi è un gruppo terroristico che domina nel nord islamizzato del Paese ed ha causato la morte di 4 mila persone in soli quattro anni, ha distrutto centinaia di scuole e provocato un milione di sfollati.

Al-Qaeda del Maghreb islamico nasce durante la guerra civile algerina ed è riuscita a radicarsi anche nella Repubblica Centrafricana con il gruppo dei Seleka impegnato nei sanguinosi scontri che vedono contrapposti i cristiani e musulmani. La brutalità delle violenze settarie in corso riporta alla mente quanto accaduto nel Ruanda del 1994. I Seleka hanno devastato interi villaggi ed hanno torturato, stuprato e ucciso migliaia di persone provando quasi un milione di sfollati.

Spesso ciò che spinge i miliziani a combattere è la possibilità di trovare un valido mezzo di sussistenza. Sono due gli elementi che accomunano le zone dove opera al-Qaeda in Africa: l’instabilità politica ed una profonda ingiustizia sociale. Quest’ultima, quasi sempre, è la causa scatenante dei conflitti armati o delle insurrezioni. Nena News

Nena News Agency “La jihad africana. Gli al-Shabab attaccano la costa kenyana” – di Federica Iezzi

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NIGERIA, violenze senza fine: Boko Haram fa strage a Jos

Nena News Agency – 23 maggio 2014

E’ di 120 morti  il bilancio dell’ultimo attentato firmato dalla setta islamista che sta seminando i caos nel Paese. Presi di mira mercati, stazioni dell’autobus, scuole, chiese, moschee, caserme. Dall’inizio dell’anno sono state uccise 1.500 persone 

 

Boko Haram rebels

Boko Haram rebels

 

di Federica Iezzi

Jos (Nigeria), 23 maggio 2014, Nena News – Davano tutti le spalle all’esplosione. Erano al Terminus Market di Jos. Non hanno fatto nemmeno in tempo a sentirla che erano già tutti riversi a terra, con le fiamme che scaldavano la torrida aria della primavera subsahariana. Corpi fumanti e resti dei passeggeri dei vicini autobus sulla terra bruciata. Scaraventati a faccia in giù venditori abusivi, le donne che cucinavano la manioca e il pesce arrostito, i bambini che mangiavano arachidi. 120 morti, forse di più secondo fonti nigeriane. Centinaia i feriti. Ritorna martellante lo spettro Boko Haram. Paure che incidono sugli aspetti più elementari della vita, appartenenza etnica, religione, diseguaglianze regionali.

L’organizzazione jihadista sta seminando il caos con rapimenti, attentati, violenze e soprusi. Abuja sta diventando teatro di attentati, incendi dolosi e conflitti a fuoco, che colpiscono stazioni di polizia, uffici statali, chiese, moschee, scuole e università e di omicidi di funzionari politici, religiosi e gente comune.

Contro il governo del presidente Goodluck Jonathan, cristiano del gruppo etnico Ijaw, Boko Haram mira al riconoscimento della Shari’a come legge di Stato.

Il gruppo fu fondato nel 2002 da Ustaz Mohammed Yusuf. L’organizzatore materiale del piano di destabilizzazione della Nigeria fu ucciso nel 2009, dal governo del Paese. Da allora prese piede pacatamente la figura di Abubakar Shekau. Boko Haram è un gruppo anti-occidentale che rifiuta e si oppone all’ingerenza straniera.

Oggi gli obiettivi del gruppo sono l’imposizione di un certo modo di vivere e pensare a tutta la popolazione cristiana nel nord della Nigeria, di contrapporsi al sistema di educazione nigeriana di ispirazione britannica e di introdurre la legge islamica in tutto il Paese.

La popolazione nigeriana è divisa quasi a metà tra musulmani e cristiani. Le bande di Boko Haram da tre anni vagabondano inosservate, nel paese più popoloso e ricco di petrolio del continente africano, assaltando chiese, scuole e villaggi, compiendo stragi alla cieca di cristiani e musulmani.

Dopo il barbaro sequestro delle 223 studentesse all’inizio del mese, la settimana di sangue è iniziata con l’uccisione di almeno 47 persone in due attacchi contro i villaggi nigeriani di Alagarno e Shawa, nello stato di Borno, a nord-est del Paese. Martedì l’attentato alla stazione di autobus in una delle vie commerciali più affollate di Jos, ha preceduto l’esplosione dell’autobomba al mercato centrale e  provocato centinaia tra morti e feriti.

Ogni giorno si vedono i gesti dei ribelli in azione, durante le esercitazioni o a riposo. Ma anche il cielo cobalto sopra la terra rossa, con le sagome nere dei combattenti dal volto incorniciato dalla folta barba, alla luce dell’alba o del tramonto e le nuvole polverose delle esplosioni.

A Boko Haram sono attribuiti circa 4mila morti, decine di migliaia di feriti, sfollati e senza tetto. Nena News

Nena News Agency “NIGERIA, violenze senza fine: Boko Haram fa strage a Jos” di Federica Iezzi

 

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