SIRIA. Il buio Natale di Aleppo

Nena News Agency – 26 dicembre 2015

Nella città contesa da Fronte al-Nusra, opposizioni moderate e governo di Damasco, la popolazione vive allo stremo: manca il cibo, manca l’elettricità, le macerie invadono le strade. Ma a Natale ci si ritrova lo stesso.

Halab #2

di Federica Iezzi

Aleppo (Siria), 26 dicembre 2015, Nena News – “Non fa differenza vivere nei quartieri sotto il controllo delle forze armate di regime o in mano ai ribelli. Viviamo tutti sotto le bombe. E non c’è elettricità”. Risuonano come un monito le parole di Fathi, nell’aria stranamente silenziosa di Aleppo.

Ci sono alcuni momenti durante la giornata che sembra di vivere in una città deserta. Quasi non si avverte, dopo giorni, il disturbo di fondo dei generatori perennemente in funzione. E i rumori quando ricompaiono sono quelli della distruzione, dei crolli, delle esplosioni. Perfino i bambini li riconoscono. Ad Aleppo. Per secoli centro nevralgico di una Siria ormai lontana.

Nei quartieri in mano al gruppo qaedista Jabhat al-Nusra, si lavora continuamente per riparare servizi elettrici, idrici e fognari. E la scena si ripete ovunque. La città è un eterno cantiere. Al buio. “Siamo senza corrente elettrica per almeno 20 ore al giorno. Spesso durante la giornata può mancare del tutto”, continua Fathi. “La linea di alimentazione per le aree controllate dai ribelli è la stessa linea di quella delle aree controllate dal regime. Parte dalla stazione di Hama”. L’unica linea elettrica ad alto voltaggio passa a sud-ovest di Aleppo, nella stazione di Mahardeh, controllata dal governo siriano, e in quella di Zurbah, controllata dai ribelli.

Le forze ribelli dominano la maggior parte dei quartieri settentrionali, orientali e meridionali di Aleppo. Le forze del regime controllano invece i distretti ad ovest. Fuori Aleppo, i ribelli mantengono il potere sui territori a nord, ovest e sud, mentre le forze governative si trovano immediatamente ad est e sud della città. Gli scontri tra regime e forze ribelli dal 2012 hanno lasciato ad Aleppo, l’ombra distrutta del suo centenario souq, centinaia di migliaia di residenti sfollati, quartieri ridotti in macerie, solo polvere sui muri di scuole, moschee e chiese, civili intrappolati nella lotta quotidiana alla ricerca di acqua, cibo e energia.

Qamar, la moglie di Fathi, ci racconta “Prima riuscivo almeno a conservare piccole scorte di carne, latticini e altri alimenti in frigorifero. Non dovevo uscire tutti i giorni sotto le bombe per dar da mangiare ai nostri figli. Adesso senza elettricità per così tante ore come si fa?”. Continua “L’embargo internazionale inoltre impedisce ogni possibilità di esportazione, così i prezzi sono saliti alle stelle”.

In città ci sono generatori in grado di fornire energia elettrica quotidiana a 200 case. Il combustibile è diventato molto costoso. Le famiglie pagano una somma mensile rispetto a quante ampere di elettricità consumano. Per tutti quelli che non possono pagare, la vita continua senza luce. E quelle persone sono abituate all’oscurità.

A pochi metri dalle milizie armate, alcune auto si trasformano in taxi semplicemente attaccando su un fianco un foglio bianco con su scritto “taxi”. I minibus hanno i finestrini sostituiti con la plastica, perché i vetri sono saltati con i bombardamenti. Le saracinesche dei negozi sono abbassate e deformate, ma i venditori ambulanti non si arrendono e continuano a distribuire i loro prodotti a poche lire.

Da quando l’Esercito Siriano Libero ha fatto il suo ingresso ad Aleppo, nella metà del 2012, la città è diventata amore e guerra, infanzia e morte, dolore e sofferenza. Bombardata ogni giorno dai barili esplosivi governativi e rivendicata dallo Stato Islamico. Rifugio per persone innocenti, distrutte dalla disabilità. Tutto dimenticato. Presi di mira indistintamente i quartieri di al-Sukkari, al-Maghayir, al-Mashhad, al-Sha’ar, al-Qatirji. Su strade piene di vita improvvisamente si riversano solo sangue e urla disperate.

Sono commoventi le decorazioni di Natale sulle porte di edifici semidistrutti, mentre gli attacchi aerei continuano a martellare Aleppo. “Luoghi di culto, piazze e case sono sempre di più gli obiettivi dei bombardamenti” ci racconta Bassel. “E di solito i raid aerei sono su quattro o cinque luoghi diversi contemporaneamente”.

Imprigionate nelle case rimaste in piedi, le famiglie si riuniscono per il pranzo di Natale. Non importa se si è parenti. Chi sopravvive tra pianti e bombe diventa un fratello. Tutti portano qualcosa, baba ghannouj, hummus, baklava, meze platters, e alla fine si riesce a mangiare. Nena News

Nena News Agency – 26/12/2015 “SIRIA. Il buio Natale di Aleppo” di Federica Iezzi

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BURUNDI. I primi passi verso la guerra civile

Nena News Agency – 16 dicembre 2015

La capitale è stata teatro venerdì di scontri violentissimi tra milizie del Fronte Nazionale di Liberazione e le forze del governo Nkurunziza: 90 morti. Si moltiplicano le violenze e la fuga dei civili all’estero

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di Federica Iezzi

Bujumbura (Burundi), 16 dicembre 2015, Nena News – Dalle sanguinose repressioni, dalla resistenza armata e dal fallito colpo di Stato dello scorso maggio contro il presidente in carica Pierre Nkurunziza, venerdì si è consumata, nelle strade della capitale burundiana Bujumbura, la peggiore esplosione di violenza.

Circa 90 persone sono state uccise durante gli scontri con l’esercito. Rastrellamenti forzati, esplosioni, spari e corpi crivellati di pallottole i risultati degli scontri. Secondo il colonello Gaspard Baratuza, portavoce della Forza di Difesa Nazionale del Burundi, uomini armati hanno attaccato siti militari a Bujumbura, la scuola militare Iscam e la prigione di Mpimba, la notte dello scorso venerdì. 79 aggressori sono stati uccisi e altri 45 catturati. 97 gli armamenti sequestrati. Quattro agenti di polizia e quattro soldati sono morti. 21 i feriti. Assalto fallito invece nel campo militare Ngagara.

Le milizie del Fronte Nazionale di Liberazione si sarebbero rifugiate nei quartieri Nyakabiga e Jabe di Bujumbura. Le forze di sicurezza hanno ininterrottamente perquisito le case nei quartieri di Bujumbura e hanno arrestato centinaia di giovani. Obiettivo dell’assalto del Fronte Nazionale di Liberazione era quello di neutralizzare le principali caserme e posti strategici tenuti dalle forze lealiste di Pierre Nkurunziza, le milizie Imbonerakure e i terroristi rwandesi delle Forze Democratiche di Liberazione del Rwanda.

I disordini in Burundi, sono iniziati nel mese di aprile quando Pierre Nkurunziza, modificando la Costituzione, annunciò i suoi piani per un terzo mandato, iniziato lo scorso luglio. L’attacco di venerdì è stato preceduto, qualche giorno prima, da una battaglia sulle colline di Gizaga a Burambi, nella provincia di Rumonge, a circa 80 chilometri dalla capitale.

Le potenze occidentali e gli stati membri dell’Unione Africana temono la violenza prolungata come occasione per riaprire vecchie spaccature etniche tra i 10 milioni di abitanti della piccola Nazione. Solo nel 2005 sono state snocciolate le ragioni di una guerra civile durata 12 anni, tra gruppi ribelli della maggioranza hutu, guidati dallo stesso da Nkurunziza, e esercito guidato dalla minoranza tutsi.

La scorsa settimana, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è intervenuto chiedendo al Governo di ripristinare con urgenza pace e sicurezza e respingere la violenza. L’Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani ha registrato nel solo mese di novembre 56 episodi di uccisioni extragiudiziali e 452 casi di arresti arbitrari e detenzioni.

Centinaia di persone sono state uccise, politici dell’opposizione hanno lasciato il Paese e più di 220.000 civili sono fuggiti nel vicino Rwanda, Tanzania, Uganda e Congo, a causa della violenza dei recenti scontri in Burundi. Il governo di Nkurunziza avrebbe formalmente accusato il Rwanda di agevolare il reclutamento forzato di rifugiati burundesi nei campi profughi in Rwanda e Repubblica Democratica del Congo. Nena News

Nena News Agency “BURUNDI. I primi passi verso la guerra civile” – di Federica Iezzi

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