Missione di cardiochirurgia
Emergency – Salam centre for cardiac surgery – Soba Hilla (Khartoum) – Sudan
Occhi scuri come la notte, capelli lanuginosi e dentini bianchi come il latte, in un corpicino di appena 15 chili.
Munnira è arrivata a Khartoum, da Mogadiscio, dopo giorni di viaggio polveroso.
E’ nata sei anni fa con una malattia al cuore. Ha un buco tra i due atri, due delle quattro camere che formano il cuore.
La mamma mi ha raccontato che a Mogadiscio, non poteva giocare con le altre bambine sulla strada.
L’abbiamo operata in una fresca giornata di gennaio, quando l’aria africana contava 38 gradi.
In sala operatoria nessuna lacrima dai suoi occhi scuri come la notte.
Sapeva che la sua mamma le voleva bene e che i “khwaja” le avrebbero insegnato a giocare.
Ed ecco che, come un sortilegio, in pochi minuti, quel cuoricino che si vedeva battere sotto la pelle e che non si era mai arreso, si ferma dopo quella stanchezza durata sei anni. I bianchi chirurghi provenienti dalle lussuose università europee hanno chiuso quel buco nel suo cuoricino.
Accanto a quel corpicino esile, sotto le mie mani nascoste dai guanti sterili, il piccolo cuore riprende a muoversi. Batte lentamente come per respirare la guarigione e poi si mette a correre libero.
Adesso non si vede più il cuore sotto la pelle, è tornato a stare al suo posto.
Quel sorriso contagioso in terapia intensiva e in reparto mentre medicavo le sue ferite, riscaldava l’anima.
Ogni giorno aspettava pazientemente che passassi in reparto, aveva imparato a riconoscere la porta dalla quale uscivo dal blocco operatorio e così aspettava lì.
Poi, quel “ciao” sussurrato dai fragili polmoni e la sua scarna manina che prendeva la mia, ancora coperta dal talco dei guanti.
Adesso gioca a piedi scalzi nel colorato giardino dell’ospedale, con il suo vestitino a quadri verde.
Adesso è lei che ci insegna come si vive.
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